Spiro Scimone, autore, e Francesco Sframeli, regista, sono i due volti di un progetto teatrale unico nel suo genere: da molti anni hanno intrapreso un percorso totalmente indipendente, per mettere in scena spettacoli autoprodotti autenticamente contemporanei.
Sono stati premiati dal gradimento del pubblico, dalla stima crescente della critica e da numerosi riconoscimenti internazionali. Il loro teatro è surreale e concreto al tempo stesso, con echi beckettiani e pinteriani, ma dotato di una propria forte personalità che affonda le radici nel Mediterraneo e in una lingua drammaturgica che non è dialetto ma ne conserva l’immediatezza.
Reiterazioni, battute circolari, pause e silenzi sono alcune delle note caratteristiche del lavoro di Scimone e Sframeli, associate spesso all’azione collocata in non luoghi domestici o pubblici, dove i colori sono accesi, gli oggetti di scena fortemente simbolici ma trasformabili.
Arriva anche all’Elfo Puccini di Milano “Amore”, l’ottava commedia scritta da Spiro Scimone e diretta da Francesco Sframeli, anche se frutto di un lungo lavoro di costruzione con gli attori, gli stessi Sframeli e Scimone con Gianluca Cesale e Giulia Weber.
In scena due coppie: il vecchietto e la vecchietta, il comandante e il pompiere. La prima eterosessuale, la seconda omosessuale. Non hanno nome e il loro mondo sono le lapidi di un cimitero, all’occorrenza tramutate in letti, in un tempo poco identificabile, forse gli ultimi minuti della loro esistenza.
Quattro figure che non hanno nome e si muovono tra le tombe di un cimitero. Il tempo è sospeso, forse, stanno vivendo l’ultimo giorno della loro vita. Un’alternanza di comico e tragico, di nostalgia e sarcasmo, che tengono il pubblico con lo sguado incollato al palco, dove accadono piccole ma grandissime cose.
Tutta la compania di “Amore” è venuta a Cult per proporre un brano dello spettacolo e una conversazione.
Ascolata l’intervista a Scimone, Sframeli, Cesale e Weber