C’è chi è soddisfatto e trova l’esperienza molto utile, chi invece è rimasto deluso, se non addirittura con meno soldi in tasca perché ha dovuto pagare.
L’alternanza scuola-lavoro, resa obbligatoria nelle superiori con la “Buona scuola” di Renzi e diventata anche materia d’esame, presenta aspetti controversi.
Un’inchiesta dell’Unione degli studenti fa luce sul funzionamento dell’alternanza, con un sondaggio su un campione di 15mila studenti, frequentanti le terze e quarte classi di licei in nove regioni.
Ci sono studenti che hanno dovuto pagare di tasca propria le spese per la frequenza, ad Avellino è stato chiesto agli studenti di versare una somma di 200 euro per coprire le spese dei trasporti. In una scuola di Taranto gli allievi hanno svolto l’alternanza scuola-lavoro all’Ilva, l’industria che ha anche gravi responsabilità nell’inquinamento ambientale. In altre regioni, per l’assenza di posti dove far svolgere le ore obbligatorie alle scuole della zona, gli studenti devono fare parecchi chilometri ogni giorno per raggiungere la loro meta.
In generale, l’inchiesta è andata ad evidenziare le diseguaglianze che esistono già: nelle metropoli e nelle scuole del centro delle città sono stati organizzati percorsi di alternanza scuola-lavoro migliori che nelle periferie, nel Nord oltre il 92% delle scuole hanno regolarmente seguito l’obbligo dell’alternanza, nel Sud sono l’81%. Il 57% dei ragazzi hanno detto di aver partecipato a percorsi non inerenti al proprio percorso di studi, oppure hanno svolto mansioni dalle quali non hanno appreso nulla di utile, come ad esempio fare fotocopie nei Comuni.
Eppure l’alternanza ha un obiettivo importante, è uno strumento per apprendere in maniera differente, aprendo la scuola a ciò che sta intorno, soprattutto ai settori di produzione più vicini al percorso di studi intrapreso. Si può rivelare anche un modo per avvicinarsi al lavoro, una volta conclusi gli studi, visto che le aziende che assumono studenti che hanno fatto il 30% di alternanza scuola-lavoro nella propria sede, possono usufruire di sgravi fiscali.
Gli studenti vorrebbero migliorare questo strumento o meglio questa materia obbligatoria di esame, con loro proposte e un vero statuto. Nel frattempo hanno condotto un’indagine sui primi risultati e creato una campagna “Diritti, non piegati”.
Axel Nicai, dell’Unione degli studenti, li spiega ai nostri microfoni