L’hanno chiamata la “strage dei bambini” del Mediterraneo. Era l’11 ottobre del 2013 e un peschereccio con cinquecento persone a bordo si capovolse. 212 persone sopravvissero, 26 i corpi recuperati e il maggior numero è stato quello dei dispersi, tra questi sessanta bambini e adolescenti.
Erano quasi tutti siriani in fuga dalla guerra. Tra questi anche Yousef Hasan Wahid, sua moglie e quattro figlie, nessuna tra queste superava i dieci anni. Le quattro bimbe, di due, cinque, sette e dieci anni sono tra i dispersi. I due genitori che sono sopravvissuti non hanno né una tomba su cui piangere e nemmeno riescono a perdere quel barlume di speranza che siano ancora vive. Un limbo, che però non ha impedito ad Hasan Wahid, che ad Aleppo faceva il cardiochirurgo, di combattere una battaglia per la giustizia. In Italia si è aperta un’indagine per capire le responsabilità del mancato salvataggio, considerando che ad un’ora di distanza c’era una nave militare che non è intervenuta. Hasan, la moglie e molte altre famiglie che hanno perso figli, mogli o mariti, sono uniti per ottenere giustizia o perlomeno notizie certe, sapere se devono rassegnarsi alla morte dei figli e di chi è la responsabilità della tragedia che hanno vissuto e continuano a vivere. Sono passati quasi sei anni e Wahid e sua moglie hanno avuto altre due figli, ancora due bimbe. Erano a Roma ad incontrare il Papa.
Intervista ad Hasan Wahid
Tutto il mondo ormai conosce la nostra storia. 5 anni fa quando la nostra nave si capovolse abbiamo perso dei figli e delle figlie, io personalmente ho perso quattro figlie. Tutto quello che avevo, tutte le figlie che avevo le ho perse lì. Qualcuno ha perso la moglie qualcuno ha perso i figli, qualcuno ha perso sua madre, qualcuno il padre. Ognuno di noi ha perso qualche persona cara. Noi chiediamo giustizia e risposte anche dalla giustizia italiana: mentre la nave affondava nessuno è intervenuto in quel momento, per quale motivo non sono intervenuti? Davanti ai loro occhi, davanti agli occhi di tutta l’umanità, la nostra nave affondava e non intervenivano. Noi chiediamo giustizia, noi abbiamo fiducia nella giustizia italiana. Deve uscire fuori il motivo e le persone colpevoli devono ammettere di essere colpevoli di questa tragedia umana. Non sappiamo se sono vivi oppure morti i nostri cari, i nostri figli, stiamo cercando la verità. Se sono morti dove sono i loro corpi, se sono vivi dove sono loro. Dove sono i nostri cari.
Mentre guido la macchina tampono un’altra macchina e rimango ferito. Se un’altra macchina passando vede che sono ferito, questa macchina si ferma per salvarmi la vita oppure fa finta di niente e se ne va? Tutte le leggi internazionali dicono che se c’è una persona ferita bisogna intervenire e aiutarla. Cioè sta lì, la vedi! E allora se hai lasciato a morire una persona davanti ai tuoi occhi devi essere giudicato. La nave della Marina Militare Italiana ci vedeva, ci guardava e noi gridavamo aiuto ma loro non sono intervenuti. Non ci hanno aiutato. Le persone così normalmente devono essere processate, per quale motivo hanno fatto questo: ci hanno lasciato a morire davanti a loro occhi. 268 persone sono morte, sono stati uccise davanti agli occhi dei militari immobili. Noi sappiamo che sono morti in realtà, però li chiamiamo dispersi perché non troviamo nemmeno loro corpi, però sappiamo. Chiediamo che queste persone che non ci hanno aiutato vengano processate. Per far si che non accada più una cosa del genere, cioè se le persone chiedono aiuto, a qualsiasi persona, come essere umano bisogna intervenire e aiutarli. Se c’è un essere vivente in difficoltà davanti ai tuoi occhi, devi intervenire! Vedi che sta affondando la nave, stanno morendo delle persone che tu puoi salvare. Sono questioni non di minuti ma di ore, se erano di minuti di secondi uno può capire, ma da ore davanti ai tuoi occhi le persone muoiono e tu non intervieni.
La morale dell’essere umano deve essere quella che salva l’altro essere umano. Cioè se sei un militare e davanti ai tuoi occhi, anche se il tuo capo dice di non intervenire, ci sono persone civili che ti chiedono aiuto, stanno scappando da una guerra, da una tragedia, ti chiedono una mano e tu non intervieni allora sei colpevole anche tu. Qui si tratta di salvare le vite umane non di qualcos’altro.
Eppure sono passati quasi 6 anni e le cose sembrano essere peggiorate purtroppo. Quella è stata una delle tragedie più gravi nel Mare Mediterraneo ma ce ne sono stati altri di morti e adesso negli ultimi mesi c’è un governo che chiude addirittura i porti. Lei ha seguito queste vicende, cosa pensa? Insomma l’umanità manca?
L’umanità è stata seppellita come un corpo umano. Il problema delle persone che continuano a scappare e queste tragedie si ripetono è causato da questi stessi Paesi cioè la Francia, l’Italia e gli altri. Se non intervenivano in conflitti esteri le cose sarebbero diverse. Gheddafi era un dittatore però quando era vivo nessuno partiva. La Francia è intervenuta, hanno ucciso Gheddafi e in Libia non c’è più governo, non c’è più nessuno che può comandare, il territorio delle acque libiche sono 1500 km e nessuno le controlla, sono acque libere. Chiunque può organizzare e organizza traffici illeciti e pericolosi. I governi prima di tutto devono risolvere il problema Libia, il problema del mediterraneo e il problema delle guerre, cioè chi causa quelle guerre in quelle terre? Bisogna risolvere i loro problemi per non ripetere queste tragedie.
Ogni volta che vede in televisione una tragedia simile a quella che ha vissuto quali sono i suoi sentimenti?
Ogni volta che vedo le persone su un peschereccio, su un barcone, io rivivo gli stessi sentimenti e mi sento lì al loro posto. Ho perso 4 figlie, sono passati 5 anni e mezzo e mia moglie sta ancora male, sono 5 anni che andiamo sempre dallo psicologo. Abbiamo avuto altre due figlie, una si chiama Yara però a volte mi confondo e la chiamo Rohndé come l’altra figlia che ho perso. Mi confondo con i nomi che hanno le mie bimbe che ho perso.
L’altra notte ho avuto un incubo, ho sognato ancora le mie figlie. Non ho dormito e mi sono svegliato gridando ad alta voce, mi risveglio con la mia voce, mi spavento ed esco dal letto sudato e piangendo.
Questa battaglia serve anche ad avere giustizia per le sue figlie?
Sì, voglio vedere rispettati i diritti delle mie figlie. Se la giustizia italiana non mi darà risposte, andrò alla Corte Internazionale. Fino all’ultimo mio respiro io porterò avanti la mia battaglia per le mie figlie, credo che il popolo italiano e la giustizia italiana siano giuste e che si troverà la verità. Non siamo in un Paese dittatoriale arabo, l’Italia è un Paese democratico e di giustizia, che riconosce i diritti umani, che è cristiano. Dove il valore dell’essere umano è riconosciuto.