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Il Sudan aveva tutto per diventare un paradiso per i suoi abitanti. Ha l’acqua del Nilo, uno sbocco sul mare Rosso, un sottosuolo ricco di oro e petrolio. Un Paese cerniera tra l’Africa nera e il Medio Oriente, il Paese dell’intreccio delle culture africane, delle lingue e delle religioni. Ma le sue disgrazie iniziarono nel 1956, l’anno dell’indipendenza.
Il primo governo tradì la promessa di uno stato federale con ampia autonomia alle province meridionali. È l’inizio della guerra civile lunga 17 anni e della stagione dei golpi militari. La lotte intestine dentro l’esercito tra marxisti appoggiati da Mosca e moderati filo americani si conclusero con un colpo di stato diretto dal partito comunista sudanese nel 1971. Qualche giorno dopo le truppe anticomuniste ripresero il potere.
Furono impiccati in piazza a Khartum i dirigenti del partito comunista e i leader sindacali, e centinaia di militanti di sinistra. Siamo in piena guerra fredda e l’affermazione della corrente reazionaria fu premiata dagli Stati Uniti con ingenti aiuti in soldi e armi ma in cambio il Sudan ha dovuto ospitare 4 basi militari e il più potente centro d’ascolto della Cia. Dopo l’indipendenza i sudanesi hanno conosciuto soltanto giunte militari eccetto due piccole parentesi, la prima alla fine degli anni 80 e la seconda tra il 2019 e il 2021. Con la scusa di salvare il Paese dal governo degli islamisti nel 89 e dal governo degli “incompetenti” nel 2021, i generali hanno ripreso il potere ma hanno combinato soltanto guai: sono responsabili di un genocidio nel Darfur e della secessione delle province meridionali diventate sud Sudan nel 2011.
Oggi la stessa casta sta portando il Paese verso una nuova catastrofe e il rischio di una guerra civile. In queste ore la comunità internazionale ha moltiplicato gli appelli alla calma. Bene. Ma questa drammatica crisi è anche figlia delle ingerenze delle grandi potenze e delle potenze regionali come Egitto, Arabia Saudita, Emirati Arabi. Ad esempio Mosca sta cercando di finalizzare un accordo per un base militare sul Mar Rosso e la Wagner fa grossi affari con le miniere d’oro. Gli Stati Uniti tentano di contrastare questa presenza russa. Qualche giorno prima dello scoppio della crisi il capo della Cia William Burns visitò Khartum. La guerra in Ucraina non fa che peggiorare le cose.
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