Organizzazioni criminali appartenenti alla mafia nigeriana in affari con gli scafisti che operano in Libia. È l’ultima sporca alleanza sulla pelle dei migranti scoperta nel corso di diverse indagini, in particolare della Procura di Agrigento, che rileva “collegamenti non occasionali tra immigrazione clandestina e sfruttamento sessuale”. Il prodotto è una multinazionale del crimine che ha portato in Italia sempre più schiave del sesso. E che, una volta sbarcate, si inseriscono nei percorsi di accoglienza destinati a richiedenti asilo.
Tra le tante vittime di questo gruppo criminale c’è Ashahed, 17 anni, di Benin city. La sua storia è raccontata sull’ultimo numero di Scarp de’ tenis, il mensile di strada della Caritas. Il giornale ricostruisce il viaggio e le violenze subite dalla giovane, che dalla sua città d’origine è partita per Zuwara, da lì in Sicilia, per finire poi a Torino. Si è presentata a nel capoluogo piemontese al centro di una congregazione di religiose che accoglie i richiedenti asilo incinta e accompagnata da un uomo. Quest’ultimo, però, non è in realtà il suo compagno, nonostante si sia spacciato per suo marito. In gergo, il suo ruolo viene definito “trolley”: si tratta di una persona di fiducia incaricata dai clan per condurre la vittima di tratta fino a destinazione.
La storia di Ashahed dimostra come i gruppi criminali sfruttino il sistema di accoglienza. “È dall’emergenza Nord Africa, già nel 2011, che abbiamo segnalato il problema. Ora il fenomeno è esploso in tutta la sua drammaticità – racconta Palma Felina, dell’area tratta e prostituzione di Caritas Ambrosiana a Scarp de’ tenis -. Le schiave del sesso arrivano sui barconi e quando giungono in Italia hanno già imparato a memoria la storia da raccontare alle autorità per chiedere asilo. Una storia fotocopia uguale a quella delle altre, preparata da chi le traffica”.
Arrivano in Europa con l’illusione di potersi ricostruire una vita, come rifugiate politiche. “Un parente ad Amsterdam avrebbe pagato il viaggio per farmi lavorare come vcameriera in un bar”, racconta Ashahed al mensile della Caritas. E invece, lei come migliaia di compagne di sventura, sono finite a prostituirsi in strada. Poi ha deciso di raccontare la verità a chi la ospitava. E ha intravisto uno spiraglio per uscire dalla sutuazione in cui si trovava.
La storia di Ashahed, alla fine, potrebbe chiudersi con un lieto fine. La ragazza oggi vive in un appartamento protetto in provincia di Brescia. Insieme a lei, la piccola Hope. L’uomo che l’ha sfruttata e accompagnata durante il viaggio è ancora ricercato dalla polizia italiana.
“Secondo l’ultimo rapporto dell’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim) nel 2014 sono sbarcate in Italia 1.454 donne nigeriane, il triplo di quelle giunte nel 2013. Alla fine del 2015 il loro numero è salito ulteriormente fino a sfiorare le 5mila migranti. Secondo l’Oim il 70 per cento di queste donne è destinata allo sfruttamento sessuale”, ricorda Scarp. Il dato nazionale si ripercuote anche su Milano. Tra le 2.252 persone contattate nel 2015 dall’Unità di strada di cui Caritas ambrosiana fa parte, gli operatori hanno riscontrato un ricambio per le nigeriane del 54 per cento. Le nuove persone contattate sono circa la metà del totale: un dato molto alto. Anche tra le donne albanesi e romene il ricambio si aggira intorno al 50 per cento. Tutti segnali che confermano quanto la tratta delle schiave del sesso sia un mercato miliardario, in continua crescita.