Re Felipe VI ha preso atto che il parlamento spagnolo non è in grado di eleggere un nuovo governo. E dopo quattro mesi di veti incrociati, il tempo è scaduto. L’ultimo giro di consultazioni con le forze politiche non ha dato nessun risultato. Nemmeno l’offerta dell’ultimo minuto di Podemos, con molte concessioni ai socialisti, ha avuto successo.
Martedì 3 maggio il Congreso di Madrid verrà sciolto e il 26 giugno la Spagna tornerà alle urne, con prospettiva di ritrovarsi nelle stesse condizioni in cui si trova oggi. Cioè con un parlamento diviso e incapace di dialogare. O almeno così dicono i sondaggi.
Il monarca ha chiesto una campagna elettorale austera, per rispetto agli spagnoli. C’è un forte senso di delusione verso la classe politica. La fiducia riposta nei nuovi movimenti, come Podemos e Ciudadanos, non ha portato il rinnovamento sperato. E i partiti storici, i socialisti (PSOE) e i popolari, non sono stati all’altezza di ricomporre, attraevrso il dialogo e le alleanze, la frattura presente nella società spagnola.
Podemos ammette che il senso di disfatta esiste. “I socialisti hanno detto troppi no”, ha dichiarato Pablo Iglesias, leader degli indignados. Ora Podemos punta su un’alleanza con gli ex comunisti di Izquierda Unida per tentare il sorpasso elettorale de socialisti, e convertirsi nella la forza egemone della sinistra spagnola.
Dal canto suo il socialista Pedro Sánchez ha ammesso che l’alleanza con i moderati di Ciudadanos non ha dato i frutti sperati. Per la sua ostinazione a diventare premier a ogni costo, Sánchez non ha esitato a dividere la sinistra tra ‘buoni’ (quelli che lo appoggiavano) e ‘cattivi’. Ma dentro il PSOE le voci critiche sulla sua gestione sono sempre più forti.
La verità è che nessuna delle due opzioni aveva i voti sufficienti per avere il via libera del parlamento di Madrid. Solo una grande coalizione tra i socialisti e il Partido Popular avrebbe i numeri per governare. Ed è proprio questa la soluzione suggerita durante tutti questi mesi dall’ex premier Mariano Rajoy. Il leader del Partido Popualar è convinto che se dalle elezioni del 26 giugno uscirà un parlamento frammentato come quello che c’è oggi, ai socialisti non rimarrà altra scelta che accettare la grande coalizione.