Spieghiamo subito il senso di quella parola nel titolo, “impossibile”. Il fatto è che oggi alcune decine di migliaia di persone stanno spulciando, sfogliando, ripassando il programma della diciassettesima edizione del Primavera Sound di Barcellona. Con un’idea sola in testa: quanti concerti riuscirò a vedere? Chi sceglierò di seguire, a chi dovrò rinunciare?
Facciamo un passo indietro: il Festival catalano si svolge, con il fulcro del suo programma, in un’area affacciata sul mare, molto ampia, chiamata Parc del Forum. Che viene completamente recintata e adibita a ospitare un decina di palchi, attivi più o meno dalle 16 alle 6 della mattina successiva, per tre giorni. Per spostarsi da un palco all’altro servono più o meno dieci minuti, folla permettendo.
Bisogna dunque avere un piano ben preciso, operazione che viene peraltro assai favorita dal fatto che gli orari del Festival, pubblicati settimane prima, vengono sempre rispettati con una precisione che qualcuno definirebbe “svizzera”, ma che è invece in tutto e per tutto catalana. La stessa che serve per ottimizzare i tempi e cercare di non perdersi nulla, tra i nomi che si conoscono e quelli che si vogliono mettere alla prova, scoprire. Ma, almeno per chi scrive, mai come quest’anno le scelte da fare saranno impegnative.
Proviamo a fare degli esempi di concerti che si svolgeranno in contemporanea e che ci mettono in difficoltà, partendo dalla prima serata, quella di oggi, giovedì 1 giugno.
Alle 22.20, su uno dei due palchi più grandi del Festival, quelli adatti alle grandissime adunate, suonerà un musicista americano chiamato Justin Vernon, ma noto ai più come Bon Iver (precisazione 1: quel nome nascondeva in origine un progetto solista, poi evoluto in una band. Precisazione 2: non è l’unico gruppo con cui suoni e canti, molto bene, Justin). Uno che nel giro di tre dischi in dieci anni è riuscito a diventare una specie di istituzione dell’indie americano, uno che con il suo ultimi disco, “22, A Million”, ha diviso pubblico e critica (a noi è piaciuto moltissimo), e che dal vivo dà probabilmente il meglio di sé.
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Il fatto è che alle 22.40, sul palco forse esteticamente più bello, per l’anfiteatro che lo ospita, saliranno anche gli Afghan Whigs di Greg Dulli. Intanto un pezzo di storia del alt-rock americano, in giro da trent’anni (con una pausa di una decina iniziata nel 2001), una band dal repertorio stellare, un’altro gruppo noto per le sue esibizioni potenti e trascinanti. E poi Dulli e compagni hanno appena pubblicato un disco bellissimo, “In spades”, che sembra davvero riportarli al loro periodo migliore.
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La sera di venerdì 2 giugno promette di metterci nuovamente in difficoltà.
Questa volta per il dualismo tra realtà più giovani: da una parte, alle 19.15, ci sarebbe la curiosità di ascoltare dal vivo la giapponese di New York Mitski, una che si è fatta conoscere con un paio di dischi autoprodotti prima di convincere molti giornalisti musicali a metterla nelle loro classifiche di fine 2014 con il suo vero e proprio album d’esordio “Bury me at Makeout Creek”. Ripetendosi con esiti simili nel 2016 con “Puberty 2”. Almeno una parte del suo live va vista, ma poi…
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…tocca spostarsi di un chilometro o giù di lì per acciuffare qualche canzone da un concerto che inizia alle 19.20 e che ha come protagonista Sinkane, ovvero un musicista e produttore londinese, ma di origini sudanesi, che si chiama Ahmed Gallab. La sua musica è insieme elettronica e soul, africana ed europea, contemporaneamente sperimentale e melodica, come ha dimostrato l’ultimo, e ottimo, album “Life & Livin’ it”.
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Poi arriva sabato 3 giugno. La sera più difficile e no, decisamente non è perché quella sera c’è pure una partita di calcio, ne faremo serenamente a meno. E’ che quella sera le scelte dilanianti sono ancora di più. Vediamole per sommi capi.
La storia della musica, rappresentata da sua maestà Van Morrison (che se non lo vedi stavolta, chissà quando ti ricapita)?
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O una delle cantautrici rock più convincenti degli ultimi anni come Angel Olsen?
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E ancora: la mitica, spiazzante, elegantissima, bellissima, magnetica Grace Jones, un’altra che non capita spesso di poterla vedere live?
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O il concerto, speciale e unico, con cui il bravissimo brasiliano Seu Jorge porterà sul palco per intero il suo disco di tributo alla musica di David Bowie, realizzato per la colonna sonora del film di Wes Anderson “Le avventure acquatiche di Steve Zissou”?
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Bene, queste sono le scelte che ci mettono in difficoltà quest’anno. Sarebbe bello avercene più spesso, di difficoltà come queste.