La peggiore retorica fascista su quell’immane massacro che fu la prima guerra mondiale. Si può sintetizzare così la lettera che il direttore generale dell’ufficio scolastico delle Marche ha indirizzato agli studenti della Regione il 4 novembre, anniversario della fine della guerra.
Il soldato come eroe che sceglie di morire per i propri ideali e che si contrappone al vigliacco, al pavido. Il soldato morto descritto come vero uomo perché martire delle proprie idee. Un martire cui tributare il saluto fascista, il presente. Questo, nel 2020, a 102 anni dalla fine della prima guerra mondiale, il messaggio che si sono sentiti recapitare gli studenti.
La realtà della prima guerra mondiale è radicalmente diversa dalla retorica fascista: milioni di giovani, una intera generazione europea, mandata a farsi ammazzare in maniera atroce per la sete di sangue e di potere delle monarchie, delle cancellerie, degli alti comandi militari. Per gli interessi della grande industria. Gli italiani non fecero eccezione, anzi furono tra i più feroci.
Oltre 600mila soldati massacrati dagli assalti frontali, dalle decimazioni, da una insensata logica di combattimento. Il conflitto che dilaniò l’Europa tra il 1914 e il 1918 fu l’esempio più alto della follia e del crimine di cui è permeata la guerra. Il carico di dolore, di morte, di disperazione che generò non fu mai davvero elaborato.
Dopo la prima guerra mondiale nacque il fascismo che sfruttò la rabbia e la prostrazione dei reduci, e che attinse alla retorica criminale della guerra per giustificare la sua presa del potere violenta.
In un Paese che rifiuta troppo spesso di fare i conti con il proprio passato basta un nuovo presidente di regione di quell’estrema destra che deriva dal Movimento Sociale e che non ha mai rinnegato il proprio passato; basta uno zelante funzionario di area leghista, quella Lega permeabile alla cultura della destra radicale. E la retorica fascista torna a galla.
A dirci che non è mai morta.