La questione sociale che resta sullo sfondo della pandemia. Ma il ministro che dovrebbe seguirla se ne sta occupando? Da mesi i tavoli sulle crisi aziendali non vengono convocati. Giancarlo Giorgetti non è uno qualsiasi: è un pezzo grosso della politica, il numero due della Lega ed il suo volto istituzionale.
Al Ministero dello Sviluppo Economico è stato messo per dare al suo partito un ruolo nella gestione dei miliardi in arrivo col Recovery Fund. Ma la vita del suo ministero non è solo grandi progetti, è anche mettere le mani nel fango degli oltre 100 tavoli di crisi aziendali aperti. Che però sembrano interessare poco. Quanti sono quelli convocati, infatti, in 3 mesi? Uno, quello della Corneliani di Manotva. I settori coinvolti sono tanti: tessile, turismo, acciaio, automotive.
L’incontro con i sindacati di Ilva a fine febbraio era stata occasione per molte realtà di aggregarsi, sotto il ministero, e manifestare per chiedere di convocare i tavoli e non occuparsi solo di Recovery Plan. La risposta di Giorgetti, un mese dopo, è burocrazia: l’annuncio di una nuova struttura apposita per gestire le crisi, con una figura ad hoc che la presiederà. Messaggio interpretato come: devo pensare a cose più importanti, se ne occuperà qualcun altro. E con un fondo speciale e la creazione di un apposito fondo per queste imprese. Per fare cosa, non è chiaro, vista la diversità delle crisi: alcune provocate dalla pandemia, altre ormai strutturali, altre determinate dalla volontà delle aziende di delocalizzare. In attesa, come scrive il Mise, “di reclutare le figure adeguate”, le decine di migliaia di lavoratori coinvolti attendono, molti con una cassa integrazione ormai agli sgoccioli.
È uno di quegli elementi di un contesto noto: povertà che cresce, il blocco dei licenziamenti e degli sfratti agli sgoccioli, tanti soldi sotto forma di sgravi alle imprese in arrivo, che portano settori anche in buona salute a decidere di ristrutturare per rimpiazzare il costoso lavoro stabile con lavoro precario, grazie alla incombente liberalizzazione dei contratti a tempo, aggiungendo ulteriore precarietà. Tutti indicatori che portano le associazioni che si occupano sul territorio di povertà – Radio Popolare vi ha dato voce in queste settimane – a dire che il peggio della crisi deve ancora venire. E crisi importanti come la Blutec di Termini Imerese, Jindal di Piombino, o la Cerutti di Casale Monferrato si aggiungono alla lista, andando a deteriorarsi nella disattenzione del governo.