Una delle cose che succedono al Primavera Sound, il Festival che si tiene da sedici anni a questa parte a Barcellona, e che è diventato in poco tempo un punto di riferimento fondamentale per la musica dal vivo in Europa, è che gli artisti che partecipano a questo evento danno sempre la sensazione di essere molto, ma proprio molto, felici di essere su uno di quei palchi. Che lo siano sinceramente, che non sia una posa dovuta.
Ieri, durante la prima delle tre serate di questa edizione 2016, ne ha data una perfetta dimostrazione Elena Tonra, cantante ventiseienne del gruppo britannico Daughter. Intorno alle 20 la sua band è salita sul palco principale del Primavera: davanti a lei ci saranno state diecimila persone, forse qualcuna in più. E lei si è visibilmente commossa: guardava il pubblico, con un sorriso quasi costante, un misto tra timidezza e gioia infinita. E continuava a ringraziare sottovoce quella marea di gente.
E’ stata un’aggiunta di grande umanità a un set molto bello da parte dei Daughter, capaci di tenere un palco così gigantesco nonostante la loro musica non sia esattamente quella che può dare il meglio di sé nella confusione di un Festival. Le melodie eteree, gli arrangiamenti scarni, non hanno impedito al pubblico di farsi coinvolgere da una band tra le più interessanti di questi anni.
Prima dei Daughter quello stesso palco aveva ospitato un concerto molto diverso: gli Algiers vengono da Atlanta, e di un certo Sud americano – e soprattutto afroamericano, come il cantante Franklin James Fisher – hanno conservato una specie di misterioso misticismo, che innerva le canzoni nervose e tese pubblicate nel primo e per ora unico disco, uscito esattamente un anno fa e chiamato semplicemente con il nome del gruppo. Vederli live è stata la conferma dell’originalissima interpretazione del gospel, del soul, del punk e del pop di questi quattro musicisti.
Sono dei veterani invece gli Air, e lo hanno dimostrato ieri sera con un concerto impeccabile, una vera carrellata di successi che ha divertito e coinvolto il pubblico, anche se l’esibizione è parsa quasi distaccata, senza un vero pathos, una vera partecipazione da parte dei due francesi. Notevolissimo invece è stato il live di Vince Staples, classe 1993, rapper di Long Beach, con all’attivo un solo album (Summertime ’06) e molte collaborazioni di peso, da Common a Ghostface Killah, fino a Kendrick Lamar. Un dj e un mc sul palco, null’altro, ma tutto di una potenza impressionante.
E’ stato emozionante invece vedere su un altro palco del Parc del Forum di Barcellona, dove si tiene il Primavera Sound, il regista e compositore sessantottenne John Carpenter. E’ uno dei maestri dell’horror e del thriller contemporaneo, ma è un personaggio di culto anche per il suo talento musicale, che lo ha portato a realizzare molte delle colonne sonore dei suoi stessi film. E’ stato, tra l’altro, uno dei pionieri dell’uso dei sintetizzatori, e ha in questo modo influenzato molti altri artisti venuti dopo di lui. Il suo show lo vedeva in centro al palco, dietro le sue amate keyboards, con alle spalle un gruppo di musicisti decisamente più giovani e decisamente muscolari nell’interpretazione dei loro strumenti. Il risultato, un synth-rock nero e forte, che ha incollato diverse migliaia di persone fino all’ultimo brano.
Erano ancora di più quelli che si sono accalcati sotto il palco che ha ospitato uno dei live più attesi della serata, quello degli LCD Soundsystem. “Dopo New York, questa è la città in cui abbiamo suonato di più – ha detto a fine concerto il frontman James Murphy – e non potremmo essere più felici”: è stato in effetti un altro concerto allegro, sorridente, una vera celebrazione del celebre passato della band americana, che ha evidenziato in particolare il lato più pop del gruppo.
E mentre ci prepariamo per la seconda serata, che evidentemente avrà come protagonisti incontrastati i Radiohead, il Primavera Pro, la costola del Festival dedicata al music business e alla produzione musicale ci ha regalato un interessantissimo incontro con il super-produttore inglese Flood (all’anagrafe Mark Ellis): uno che ha firmato dischi di U2, Depeche Mode, Nick Cave, Nine Inch Nails, PJ Harvey e molti altri. Tra i tanti aneddoti divertenti, e l’attenta descrizione del senso del suo lavoro e del ruolo del produttore, Flood si è sbilanciato rispetto all’ultimo album prodotto proprio per PJ Harvey (insieme all’altro produttore John Parish). Le sessioni di registrazione per The hope six demolition project sono state svolte in pubblico, in una specie di studio di vetro trasparente montato all’interno della Somerset House di Londra: “E’ stata una delle esperienze più intense della mia vita professionale – ha raccontato Flood – la parte difficile è stata solamente provare a riportare sul disco tutta la straordinaria energia che abbiamo condiviso in quella specie di scatola diversa”.
Anche oggi ricordiamo che, per chi volesse seguire almeno qualcuno dei concerti del Primavera Sound, quest’anno in collaborazione con Red Bull è stato predisposto uno streaming gratuito di una parte del cartellone: lo si trova a questo indirizzo.