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Si possono prevenire violenze domestiche, maltrattamenti, stalking, cyberbullismo, reati odiosi e gravi nella percezione pubblica ma che spesso appunto si trattano solo come reati quando ormai “succedono” (non per caso, ma per precisa volontà) e che invece si possono prevenire perché non sono inevitabili, perché sono un fatto che riguarda tutti e si può fare dai primi segnali.
Paolo Giulini, criminologo clinico, docente all’Università Cattolica di Milano, presidente del Centro Italiano per la Promozione della Mediazione, è un pioniere del trattamento dei sex offender (ricordiamo il bellissimo documentario di Francesco Casazza “Un altro me” che racconta proprio il percorso nel carcere di Bollate dell’equipe di Giulini) ed è anche responsabile del Protocollo Zeus promosso nel 2018 dalla Questura di Milano come forma di prevenzione dei reati di violenza domestica e di genere (di cui vi abbiamo parlato già nel 2019).
Abbiamo provato con lui a capire, a quattro anni dalla sua nascita, se e come funziona questo protocollo che parte con un ammonimento da parte della Questura per chi viene segnalato dalla stessa polizia, da partner, ex, ma anche vicini di casa o conoscenti, come potenziale violento.
Un provvedimento amministrativo invita, quindi, un uomo in prevalenza (ma ci sono anche donne) a presentarsi alla porta del Centro Italiano per la Promozione della Mediazione per un colloquio con criminologi e psicologi per verificare la segnalazione su di loro e occuparsene come? Con una riflessione ed eventualmente un trattamento. E funziona.
I risultati sono più che incoraggianti se guardiamo anche all’entità del fenomeno: oltre 700 persone ammonite nella sola Milano in quattro anni, divisi soprattutto tra rischio di escalazione di violenza domestica e atti persecutori (e solo 2 per atti di cyberbullismo). Di questi 470 si sono presentati al colloquio e solo una cinquantina sono ricaduti nel tempo in comportamenti violenti. Ma chi sono queste persone? Siamo noi, maschi, è la prima risposta, ma lasciamo la parola al criminologo:
Il tutto sarebbe ovviamente da trattare prima e per tutt*: a scuola, in una educazione sentimentale e sessuale che dovrebbe aiutare le persone a riconoscere sé e l’altro/l’altra, e abbattere quel che resta del patriarcato, perché alla fine sempre lì si torna. È un compito collettivo e culturale. Intanto si lotta perché ci siano presidi e pratiche di prevenzione.