“Torna quando ti avranno stuprata. Così mi avete detto quando sono venuta a denunciare”, scrive Irene. “Signorina, ma è normale litigare”, è la risposta che ha ricevuto Valentina. “È riuscito a violentarti? No, allora non possiamo farci niente”, è quello che invece si è sentita dire Simona.
Questi sono solo tre dei commenti, tra i più brevi, che si possono leggere sul profilo Instagram della Polizia di Stato. Gli altri sono più di 5mila e compongono un disturbante mosaico di indifferenza al tema della violenza di genere. Si trovano sotto a un post del corpo di polizia che condivide le parole dell’attivista peruviana Cristina Torres Caceres. I suoi versi – “Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima” – sono diventati in questi giorni il manifesto di milioni di donne. “Non siete sole”, scrive la polizia in calce al post, pensando di mostrare loro vicinanza o quantomeno attenzione. L’effetto che però il messaggio ha prodotto sulla platea web femminile è stato l’opposto. “Una grande operazione di pinkwashing”, così l’hanno definita le migliaia di donne che hanno commentato il post, smascherando l’indolenza – a essere buoni – che gli agenti di polizia italiani hanno mostrato negli anni di fronte alle loro richieste d’aiuto. Un j’accuse che, oltre a rendere l’idea di quante siano le donne vittime di violenza, evidenzia uno dei grandi temi di arretratezza del Paese: la scarsa formazione di polizia, carabinieri, magistrati e operatori giudiziari nell’affrontare il fenomeno.
Mattia Guastafierro