Nei giorni scorsi si sono conclusi in Marocco due festival che hanno ormai una lunga tradizione: dal 14 al 22 giugno a Fès è giunto alla venticinquesima edizione Musiques Sacrées du Monde; mentre dal 20 al 23 giugno a Essaouira è arrivato alla ventiduesima edizione Gnaoua et Musiques du Monde. E nella capitale Rabat, dal 21 al 29 giugno, è andato in scena il Mawazine Festival, manifestazione di world music che è alla sua diciottesima edizione.
Si può proprio dire che in questi ultimi decenni il Marocco abbia sviluppato una consistente politica di grandi festival musicali, con un ventaglio di proposte che non ha cessato di arricchirsi: uno dei festival più giovani è per esempio Visa for Music, una rassegna-mercato di world music di taglio più indirizzato agli addetti ai lavori delle musiche del mondo, e focalizzata sulla musica del continente africano e del Medio Oriente, la cui sesta edizione si terrà a Rabat dal 20 al 23 novembre. Sono manifestazioni il cui rilievo va molto al di là dell’aspetto specificamente musicale. Esemplare è il caso di Musiques Sacrées di Fès: non si pensi che in cartellone trovino spazio solo musiche strettamente legate al sacro, ad un significato religioso, ad una valenza spirituale: tra i pezzi forti del programma di quest’anno c’erano un emblema della musica araba come il libanese Marcel Khalifé (nella foto di apertura un momento della sua esibizione), la star senegalese Youssou N’Dour, la star britannica Sami Yusuf, una notte dedicata al flamenco, e lo spettacolo inaugurale che ha celebrato la storia e la cultura di Fès.
Bab El Makina, dove si tengono i concerti di maggiore prestigio del festival, e le proiezioni luminose durante lo spettacolo inaugurale della manifestazione
Richiamandosi alla civiltà della Spagna arabo-andalusa nella quale convivevano musulmani, ebrei e cristiani, e di cui Fès è stata storicamente la maggiore erede, la filosofia di Musiques Sacrées è più in generale quella del dialogo delle fedi e delle culture, della tolleranza e della pace (è, in definitiva, anche la filosofia della world music, su cui è in sostanza imperniata la rassegna).
Con questa fisionomia, Musiques Sacrées di Fès è stata in questi decenni una vetrina importante per l’immagine internazionale del Marocco. Per Fès poi la manifestazione ha funzionato egregiamente nel valorizzare la città come meta turistica e anche come volano per lo sviluppo locale, non senza rischi di gentrificazione ma anche con significativi effetti di riqualificazione urbana e un impulso al recupero del patrimonio artistico/architettonico (su quest’ultimo aspetto torneremo con un altro post).
Un’immagine delle antiche concerie retaurate con l’intervento dell’Unesco
Inoltre Musiques Sacrées si è radicata nella città come una tradizione che ha rafforzato l’identità locale, ha corroborato la percezione dell’importanza storica di Fès ed è diventata una occasione di socialità. Gli spettacoli a Bab El Makina, con biglietti piuttosto cari per il pubblico marocchino, frequentati dai turisti stranieri e dagli addetti ai lavori, sono stati però assunti dall’élite delle famiglie di Fès – élite a cui si appartiene non solo sulla base della collocazione negli strati più facoltosi della popolazione ma anche, orgogliosamente, per insediamento di antica data in città – come momento di incontro e di affermazione del proprio status. I concerti gratuiti a Bab Boujloud richiamano nella grande piazza illuminata a giorno, in un clima famigliare e da “vasca” serale, un pubblico popolare trasversale generazionalmente. Le “notti sufi”, che cominciano in tarda sera e si prolungano fino alle ore piccole, oltre che da spettatori stranieri, sono seguite con passione da un folto pubblico locale: l’interesse per le pratiche musicali e la dimensione comunitaria della confraternite sufi ha oggi un carattere meno di massa di quello per altri generi (per esempio i gruppi del genere issawa, tanto richiesti per i matrimoni), ma ha una base genuinamente popolare.
Una delle Nuits soufies, alla sala della Prefettura, con la Tariqa Hamdouchia
Anche a Essaouira il festival attira da una ventina d’anni appassionati e turisti da tutto il mondo, con dinamiche rispetto alla città simili a quelle di Musiques Sacrées a Fès. E con delle specificità: i gnawa, per cui Essaouira è rinomata (ma sono presenti anche in altri centri del Marocco) sono gli eredi degli schiavi dell’Africa subsahariana portati nel Maghreb, che hanno elaborato loro particolari musiche e riti: il festival li presenta in tutte le salse, nelle più varie combinazioni con musicisti di generi e provenienze le più diverse, certo anche con esiti estetici commerciali e discutibili, ma dando al mondo gnaoua un’importanza che da fenomeno esoterico lo ha trasformato in un valore culturale ampiamente conosciuto e rispettato e in un fattore di identità locale.
Un momento della parata inaugurale del festival di Essaouira, giovedì 20 giugno
Tornando dopo qualche anno ai festival di Fès e Essaouira, ci ha colpito cogliere poi come queste manifestazioni siano la cornice di una partecipazione femminile estremamente vivace, donne con velo o senza velo, di tutte le generazioni: nelle famiglie dell’elite di Fès nei concerti di maggiore prestigio; nel pubblico popolare dei concerti gratuiti – madri e nonne che accompagnano bambini e ragazze; tra le più appassionate spettatrici – donne mature o teen ager – dei concerti sufi; fra i componenti, magari ai tamburi, di formazioni gnaua amatoriali; così come nei numerosi gruppi di giovani marocchini che arrivati in autostop con zaino e sacco a pelo sono una tipica presenza al festival di Essaouira.
Percussioniste in un gruppo amatoriale gnaua nella parata inaugurale del festival di Essaouira