È passato un mese dalla morte di Shireen Abu Akleh, ma la giornalista di Al Jazeera uccisa l’11 maggio a Jenin, in Cisgiordania, da un colpo di arma da fuoco alla testa non ha ancora ricevuto giustizia.
Ancora, infatti, non conosciamo il nome o i nomi delle persone che hanno aperto il fuoco sul gruppo di reporter di cui faceva parte anche Abu Akleh, inviata sul posto per documentare il nuovo raid delle Forze di difesa israeliane che da settimane negano ogni responsabilità.
Ma, secondo una nuova inchiesta pubblicata oggi dal Washington Post, Shireen sarebbe stata colpita e uccisa proprio da un soldato israeliano. Attraverso l’analisi di oltre 60 video, post sui social, fotografie, il quotidiano statunitense ha ricostruito gli ultimi istanti di vita della giornalista. E, oltre all’analisi delle immagini, i giornalisti del Post si sono anche recati due volte sul luogo dell’omicidio per ispezionare l’area e hanno commissionato ad alcuni esperti un’analisi acustica degli spari ripresi dalle videocamere.
Secondo le forze di difesa israeliane, che dal giorno dell’omicidio di Shireen hanno sostenuto questa ipotesi, la giornalista sarebbe stata colpita non intenzionalmente durante uno scontro armato tra forze palestinesi ed esercito israeliano. Eppure, i materiali analizzati dal Post e le testimonianze raccolte dal quotidiano smentiscono ancora una volta questa teoria.
Il gruppo di giornalisti di cui faceva parte anche Shireen si era avvicinato a un convoglio militare israeliano e dalle analisi acustiche che il Post ha commissionato agli esperti emerge chiaramente che i colpi esplosi contro Shireen e i suoi colleghi sarebbero partiti proprio da quel convoglio.
Il capo di stato maggiore delle Forze di difesa israeliane ha più volte dichiarato che nessun soldato israeliano ha sparato deliberatamente contro la giornalista e che non potevano esserci altre conclusioni. Ma l’esercito di Israele non ha mai chiarito in che modo queste conclusioni sono state raggiunte. Come ribadito più volte anche dal Washington Post, non ci sono prove che dimostrino che i soldati del convoglio non fossero a conoscenza della presenza sul posto di giornalisti o che non abbiamo sparato deliberatamente contro di loro.
Nonostante le forze di difesa israeliane abbiamo assicurato di non aver ancora concluso l’inchiesta aperta per far luce sulla morte di Abu Akleh, si continua comunque a negare che ci sia stata una condotta criminale nell’uccisione della reporter.
“Io ero lì per raccontare cosa stava succedendo”, ha detto al Post Ali Al-Samoudi, uno dei colleghi di Shireen, ferito anche lui l’11 maggio alla spalla da un colpo di arma da fuoco. “Ma le notizie, qualsiasi esse siano, non sono più preziose della mia vita. Per questo mi preoccupo di prendere sempre le giuste precauzioni. Noi andiamo lì per raccogliere notizie, non per morire”, ha spiegato il giornalista.
Shireen Abu Akleh, aveva 51 anni, era una giornalista ed è stata uccisa l’11 maggio 2022 mentre stava facendo il suo lavoro. Non possiamo e non dobbiamo smettere di chiedere che vengano fatte chiarezza e giustizia sul suo omicidio.