La nuova guerra in medio oriente inizia a pesare anche sull’economia mondiale.
In particolare sul prezzo di Gas e petrolio. Il fondo monetario internazionale, nei dati diffusi oggi, ha rivisto al ribasso le stime di crescita.
Partiamo dalla questione che poi in qualche modo trascina le altre: l’energia. Il petrolio ha chiuso vicino ai 90 dollari al barile. Per ora non sono coinvolti produttori per cui parliamo in buona parte di speculazione dovuta al rischio di estensione del conflitto, su cui i paesi produttori giocano al rialzo. Non c’è aumento della domanda: il caldo almeno da questo punto di vista aiuta a tenerla bassa. Discorso analogo per il gas per cui la situazione è però più complessa. Qui il costo è tornato vicino ai 50$ con tassi di crescita che non si vedevano dallo scoppio della guerra in Ucraina, nonostante gli stoccaggi siano in Europa al 97%. Pesa il presunto sabotaggio denunciato dalla Finlandia a un suo gasdotto, pesa la chiusura del giacimento israeliano di Tamar che restringe l’offerta a Israele e ai paesi limitrofi che dunque dovranno rivolgersi ad altri fornitori. Lo stesso vale per l’Italia cui il Gas arriva attraverso l’Egitto, e che sta aumentando la richiesta all’Algeria. L’aumento del prezzo potrebbe però ripercuotersi sull’inflazione, un problema soprattutto per l’Europa. La guerra insomma fa male al vecchio continente, cui il fondo monetario ha rivisto nel complesso la crescita al ribasso, ma non a tutti: spinte dalla spesa militare vanno a gonfie vele Russia e Usa.
Domani il governo presenterà la Nadef in parlamento. Il fondo monetario ha rivisto al ribasso anche il Pil dell’Italia. Queste tensioni possono pesare sui nostri conti?
Non è escluso che l’Italia debba rivedere la Nadef. Siamo il paese europeo che più fatica a liberarsi dall’inflazione proprio per i costi di carburanti ed energia, e queste tensioni si faranno sentire sulle bollette e alle pompe. La produzione industriale continua ad andar male: meno 4,2 sull’anno, dice oggi Istat. Il Fondo monetario ha rivisto al ribasso il Pil allo 0,7% sia quest’anno che il prossimo: mezzo punto meno di quanto il governo scrive nella Nadef. Il report sottolinea la debolezza di industria, ed edilizia dopo il superbonus. Per il governo stesso la manovra impatterà di solo due decimi sul PIL, e questo alimenta i dubbi sulla credibilità dei conti. Oggi l’ufficio parlamentare di bilancio, pur validando la Nadef, ha sottolineato 4 punti: l’utilizzo del deficit – destinato al cuneo fiscale – non avrà impatto sulla crescita e quindi il suo uso non è giustificato, i ritardi sul Pnrr che aggiungono dubbi sulla crescita, il piano di privatizzazioni sovrastimato dal governo, e l’Italia che rischia di trovarsi ad aprile con una procedura di infrazione. E così la manovra si svuota: oltre ai 16 miliardi in deficit appunto di taglio del cuneo e accorpamento delle prime due aliquote fiscali, il pacchetto famiglia passa da 3 a 1miliardo e salta la detassazione delle tredicesime. Il ministro dell’economia oggi ha stroncato la sua maggioranza;non accetterò modifiche che prevedano una maggior spesa coperta con nuove entrate, dice Giorgetti. Forse per questo domani, nel voto sulla Nadef per cui serve la maggioranza assoluta, la premier Meloni ha richiamato tutti all’ordine: il timore è che manchino i numeri per assenze più o meno volute. Per il governo sarebbe una debacle clamorosa che aggiungerebbe ulteriori dubbi sui mercati già nervosi attorno al debito italiano.
La nuova guerra in Medio Oriente si fa sentire sull’economia
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Autore articolo
Massimo Alberti