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La lotta politica ai tempi del coronavirus

La lotta politica ai tempi del coronavirus

La lotta politica ai tempi del coronavirus. Il conflitto con le Marche è solo l’ultimo in ordine di tempo. E potrebbero essercene ancora.

Il governo ieri sera ha impugnato il provvedimento di chiusura delle scuole deciso dal suo presidente, Ceriscioli. E mentre lo faceva, il presidente della Sicilia Musumeci decideva a sua volta di chiudere le scuole di Palermo e attaccava Roma: “I controlli su chi arriva in Sicilia non sono adeguati“.

Questo al culmine di una giornata in cui si era consumato il conflitto tra Governo e Lombardia, con la Lega all’attacco di Conte che aveva criticato l’ospedale di Codogno da cui è partita l’epidemia.
I politici, dopo i primi giorni di apparente compattezza, sono tornati a fare i politici.

Nelle Marche si vota tra poco, il presidente uscente vorrebbe ricandidarsi, le persone chiedono misure forti contro il coronavirus. In Lombardia la sanità è una enorme fonte di potere, il modello non deve essere messo in discussione. Nel paese della campagna elettorale permanente dire come fa Musumeci, “io avrei schierato i Carabinieri“, porta consenso, calcolano i politici.

Il risultato sono la confusione e la delegittimazione del governo che del resto ieri ha cambiato rotta sulla comunicazione pubblica con raccomandazioni ad abbassare i toni perché la preoccupazione è anche la ricaduta economica del virus. Ma fino a poche ore prima Conte si diceva pronto a “misure draconiane attraverso il braccio armato della Protezione Civile” e la contraddizione stride.

Per fronteggiare la malattia, e per evitare troppi danni all’economia, serve una politica compatta e coesa, nel messaggio e nell’azione, diversamente da quello che si sta vedendo.

Foto dalla pagina Facebook del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte

  • Autore articolo
    Luigi Ambrosio
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    Riarmiamoci e partiamo. La spesa militare ha la priorità in Europa. Ursula von der Leyen sostiene che questa “è un’era di riarmo” e mette sul piatto 800 miliardi di euro. Il futuro governo tedesco di Friederich Merz si è detto disposto ad allentare l’austerità per finanziare l'aumento della spesa militare in Germania. Una situazione in completo movimento che parte dalla decisione degli Stati Uniti di Trump di far saltare il banco della difesa europea, dicendo no al modello di finanziamento della spesa militare in Europa a prevalente capitale pubblico americano. E così la difesa europea, anziché essere un pilastro istituzionale di una futura Europa politica, si trasforma in un sinonimo di “corsa agli armamenti”, una corsa per soddisfare gli appetiti dell’industria bellica. Mentre la “difesa europea” dovrebbe essere sinonimo di “sovranità europea sulla spesa militare”, un recupero di sovranità dell’Europa nel campo della difesa dopo decenni di dominio degli Stati Uniti. Pubblica ha ospitato Francesco Lenzi, economista, e Stefano Zamagni, economista, ex presidente dell'agenzia per il terzo settore, fino a due anni fa è stato presidente della Pontificia accademia delle scienza sociali.

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