Nuovo regolamento negli uffici pubblici lombardi. Strutture regionali e ospedali saranno vietate per chi indossa il burqa o il niqab, abiti che coprono integralmente il volto delle fedeli musulmane che lo indossano. Un capo non molto diffuso: “Saranno una cinquantina a portarlo in tutta la Lombardia”, stima Reas Syed, responsabile legale del Coordinamento delle associazioni islamiche di Milano Monza Brianza (Caim), una delle più significative realtà musulmane in Italia. I diriegenti avranno tempo fino al 31 dicembre per adeguarsi ai nuovi dettami del Pirellone.
Il grande giro di vite è annunciato dal Governatore lombardo Roberto Maroni con queste parole: “È una misura di sicurezza”. Il giudizio dell’esponente del Caim è netto: “Se è una misura di sicurezza, allora Maroni è l’uomo delle istituzioni che ha introdotto la norma più cretina che sia mai stata fatta”. Non si può nemmeno parlare di inasprimento della norma, perché già c’è l’obbligo nazionale a farsi riconoscere. “Quindi è inutile riproporlo a livello regionale – ragiona Syed – e impossibile limitarlo ulteriormente solo ai musulmani”. Altro, quindi, che norma antiburqa: “Si cerca solo propaganda a basso costo”, sostiene Reas Syed.
Ironia della sorte, mentre la Giunta ripensava alla normativa per gli ingressi nelle strutture pubbliche, davanti al Pirellone i Vigili del fuoco erano in presidio per chiedere il rinnovo del contratto. “Quello sì che servirebbe per la sicurezza”, commenta Syed. Altra coincidenza: mentre Maroni fermava il terrorismo internazionale obbligando le donne con il burqa a stare fuori dagli uffici pubblici, “la Corte costituzionale si è incontrata per scegliere la data del verdetto sulla liceità o meno della norma”. Un provvedimento molto contestato dalle associazioni musulmane lombarde, che lo considerano una piena violazione della libertà di culto.
Il Caim di cui fa parte Syed, per altro, è tra i tre enti a cui è stato assegnato un lotto per la costruzione di un nuovo luogo di culto, al Palasharp. Proprio il Caim si è rivolto al Tar dopo che il Comune ha preferito cedere un altro lotto, in via Esterle, alla Casa della Cultura islamica, arrivata seconda nel bando dopo un’associazione del Bangladesh, sempre in orbita Caim. Il 17 novembre, a seguito della decisione del Tar di accogliere il ricorso, il Comune ha congelato l’intero piano moschee. “Adesso sinceramente, col Tar che ci ferma la graduatoria provvisoria per un’area e le comunità islamiche che si fanno la guerra a colpi di ricorsi – ammetteva a Repubblica l’assessore alle Politiche sociali Pierfrancesco Majorino – io stesso sono perplesso. Non so dire che cosa succederà. In teoria, fino ad aprile ci sarebbe tempo per andare avanti sull’iter per il cambio di destinazione delle tre aree che avevamo messo a bando. Ma adesso, questa ordinanza dalle conseguenze ancora poco chiare, per me, indebolisce tutto”.
L’intervista integrale a Reas Syed del Caim