E via il terzo, un’altra alta professionalità che dice no alla proposta di diventare assessore al Bilancio della capitale. A rinunciare oggi è stato Salvatore Tutino, il consigliere della Corte dei Conti indicato nei giorni scorsi come il possibile e futuro “uomo del bilancio” del Campidoglio.
A raffreddare la sua disponibilità – che pure il Messaggero aveva messo in prima pagina sotto il titolo “Se la Sindaca mi chiama sono disponibile” – sono state le accuse di far parte della casta, lanciate da alcuni esponenti del Movimento 5 stelle, a cominciare da Roberto Fico.
In particolare, l’episodio subito rinvangato dalla rete appena trapelato il nome del magistrato, risale al 2012 quando, sotto il governo Letta, Salvatore Tutino e altri cinque giudici vennero “promossi” dal Consiglio dei ministri come membri della Corte dei Conti, poco prima che entrasse in vigore il tetto massimo di trecentomila euro l’anno cumulabili tra vitalizi e pensioni. I grillini attaccarono con tanto di interrogazione parlamentare contro la “casta amica del Pd”.
“Contro di me attacchi tanto ingiusti quanto falsi”, ha detto oggi Salvatore Tutino a Radio Popolare, intervistato da Piero Bosio.
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L’episodio che ha indotto il magistrato a tirarsi indietro dà l’esatta misura di quanto sia frammentato il Movimento 5 stelle a Roma.
Una situazione di guerra tra fazioni dove – nonostante il tentativo di unità e compatezza che Grillo in testa ha tentato di far passare dalla kermesse di Palermo con la sindaca che balla e dice “siamo uniti” – la risposta è di segno opposto. Niente autonomia per la sindaca, decide il Movimento, la base e la rete. E su Tutino hanno detto no.
Sfuma così la possilità di riempire la casella più “pesante” dell’intera giunta capitolina – l’assessorato al Bilancio – vuota ormai da un mese, dopo le dimissioni di Marcello Minenna e dopo scelta del suo successore Raffaele De Dominicis, nominato, osannato come la soluzione all’impasse capitolina, e successivamente dimesso da Virginia Raggi dopo appena 72 ore.