Alla fine del suo video, oggettivamente divertente, lui a bordo di un carro funebre a fare il funerale del Movimento, a dare del Mago di Oz a Giuseppe Conte, a dipingere Roberto Fico come un piccolo democristiano però un po’ sfigato, Beppe Grillo ha lanciato il messaggio che fa più paura a Conte: potrei farmi un partito mio.
Ha funzionato, in effetti, una volta, quando Piero Fassino gli disse “fatti un partito tuo”; potrebbe funzionare ancora, chi lo sa. Nella sostanza Grillo ha detto che impugnerà lo statuto del Movimento 5 Stelle per cercare di ribaltare il voto con cui gli iscritti lo hanno estromesso dal ruolo di garante, e implicitamente ha minacciato due cose: di tenersi il simbolo del partito e, come detto, di creare un nuovo movimento che torni alla purezza delle origini, alle idee visionarie, alle mani libere, al soli contro tutti, al rifiuto di ancorarsi al centrosinistra.
Il fondatore ha sostanzialmente dato dei venduti della politica agli attuali dirigenti e militanti. Chiama a sé i puri e i delusi. Ma a Grillo manca un Roberto Casaleggio che sappia come allora costruire la macchina comunicativa e organizzativa, che era il vero motore del Movimento 5 Stelle. Da solo questa volta farebbe molta più fatica. Però solo così, con queste minacce, potrebbe fare male, potrebbe danneggiare ancora di più l’immagine di un movimento in crisi di identità e di consensi.
Nella guerra tra Conte e Grillo, una guerra di potere e di soldi visto che ci sono in ballo, non dimentichiamolo, 300mila euro all’anno di contratto di consulenza, a uscirne a pezzi potrebbe esserne Il Movimento 5 Stelle.