Con ogni probabilità la “notizia” del primo giorni di concerti al Parc del Forum per il Primavera Sound di Barcellona ce la forniscono gli Arcade Fire. Che dovevano essere tra i principali protagonisti del terzo giorno, del sabato insomma, e certamente lo saranno, con il loro live ufficiale che dovrebbe svelare almeno alcune delle novità che troveremo nel loro imminente nuovo album (“Everything now”, il 28 luglio).
Ma i canadesi arrivano a Barcellona con un nuovo singolo in uscita (con lo stesso titolo del disco): ed ecco allora la ghiotta occasione promozionale, sfruttata in grande stile. Gli Arcade Fire si sono fatti montare un piccolo (rispetto alla media di quelli del festival) palco apposta, un quadrato che ha permesso al gruppo di disporsi su tutti e quattro i lati, avendo il pubblico intorno. E ci sono saliti poco dopo le 20 di ieri sera per suonare, anche in diretta streaming, questo nuovo singolo.
Una sorpresa bella e scenografica, benedetta da un luminoso tramonto catalano. Potevano bastare, a quel punto, tre o quattro canzoni per il pubblico accorso sotto palco, per poi uscire di scena. Nessuno avrebbe avuto nulla da obiettare. Ma era invece evidente che Win Butler, Régine Chassagne e gli altri avessero una sfrenata voglia di suonare. E così hanno messo in piedi un vero concerto proseguito per quasi un’ora e mezza, piena di canzoni accolte con gioia dai fans, abbracciando tutto il repertorio. Alla loro prima data europea gli Arcade Fire sono arrivati in forma scintillante ed è certo che si prenderanno il cuore del Festival anche sabato sera, per il loro concerto “ufficiale”.
La notizia in primo piano, dunque, è questa. Ma la bellezza del Primavera Sound sta nella possibilità offerta a ogni avventore di costruirsi la propria prima pagina scegliendo tra una gamma di possibilità enorme, tanto enorme da costringere a scelte difficili (come scrivevamo ieri) e da provocare rimpianti del giorno dopo.
Anche chi scrive ne ha un paio: uno si chiama Elza Soares, icona della musica e dell’attivismo brasiliano, che pare abbia fatto uno spettacolo matto e meraviglioso (potete leggerne qui, nell’articolo di Francesco Locane per Radio Città del Capo di Bologna). L’altro rimpianto si chiama Kate Tempest, invece: una ragazza inglese interprete originalissima e piena di personalità di un incontro tra poesia, spoken word e rap. Una giovane Saul Williams, ma bianca e bionda.
Abbiamo fatto altre scelte, sbagliando anche qualcosa. Ad esempio buttando via una mezz’ora per il concerto di Alexandra Savior, una giovane americana ricoperta di hype (lavora con Alex Turner di Arctic Monkeys e Last Shadow Puppets), ma, almeno sul palco ieri sera, del tutto priva di una sua identità artistica. E pure un po’ stonata. Ci siamo però presto riconciliati con la musica grazie a Julia Jacklin, 26enne australiana, cantautrice dalla voce limpida e calda.
Al resto ci ha pensato, in modo poetico e meraviglioso, Solange Knowles: la bellissima sorella di Beyoncé ha portato al Primavera Sound un po’ di – necessario – soul. In mezzo a un Festival quasi totalmente bianco, tra il pubblico e sui palchi, Solange ci ha ricordato quanto sia speciale, sensuale, coinvolgente lo stile black nell’interpretare un live. Con le coreografie provate e riprovate, certo, ma vere, sentite, mai posticce. Mentre le note morbide avvolgevano una platea foltissima.
Poi bisognava scegliere tra gli Afghan Whigs e Bon Iver, lo dicevamo ieri. E non abbiamo scelto, dividendoci tra i due concerti. Partenza da colpo di fucile in mezzo al petto per la band di Greg Dulli, che è salito sul palco inizialmente da solo, per proporre la canzone di apertura del nuovo, ottimo, album “In spades”. Il pezzo, “Birdland”, in un’intervista ci è stato descritto dallo stesso Dulli come «una canzone totalmente nuova per me, non avevo mai scritto nulla di simile». E’ un brano dalla melodia vocale sinuosa, dolce-amara. Che ha preparato perfettamente il terreno per l’esplosione subito successiva. La band americana, attiva dal 1986, ha una quantità di canzoni in repertorio da permettere una scaletta densa di successi e di novità, e nonostante l’assenza, da qualche mese, del chitarrista Dave Rosser, fermato da un tumore, è apparsa in grande forma. Con una presenza invece per noi italiani molto bella da segnalare: ospite speciale degli Afghan Whigs era infatti Rodrigo D’Erasmo, violinista degli Afterhours. Le due band si stimano e frequentano da tempo, e il concerto di ieri ne ha fornito l’ennesima prova.
A metà concerto, ci siamo trasferiti invece sotto il palco più grande del Festival, per seguire anche il live dei Bon Iver. Che hanno confermato la loro fama di straordinaria live band, dando ulteriore forza alle canzoni dell’ultimo “22, A Million”, da parecchi considerato un disco un po’ ostico, guidati da Justin Vernon, splendido nerd con le cuffione in testa e una voce da brividi.
La notte si è poi conclusa con un live abbastanza di routine da parte di Aphex Twin, un ottimo concerto dei Black Angels, capaci di unire la psichedelia a un rock molto melodico, e un frammento dei King Gizzard & The Lizard Wizard, anche loro dediti alla causa psichedelica, ma con un approccio decisamente più acido e aggressivo. Poi però, verso le 3, meglio lasciare il Parc del Forum, per conservare le energie per altre due notti intense.