Forse quest’anno, alla faccia del coronavirus, le persone che hanno cantato Bella Ciao a Milano sono state perfino più che gli altri anni. Se la piazza è interdetta, Milano si è riempita di persone ai balconi. Anche le altre città lo hanno fatto. Ma Milano lo ha fatto in maniera speciale. Lo ha fatto il sindaco, Sala, dal balcone del Comune da cui si vede il monumento a Manzoni. Sala alle prese con la canzone del 25 Aprile è stato al tempo stesso un esempio, e uno nella moltitudine.
E dai quartieri del centro, fino alla periferia si è capito, se mai ce ne fosse bisogno, che le migliaia di tricolori esposti alle finestre sono in larghissima parte tricolori antifascisti. Il tricolore e il rosso delle camicie dei musicisti della Scala che in videochat hanno suonato Bella Ciao, ciascuno a casa propria; il rosso dei flashmob improvvisati che gruppi di cittadini sono riusciti a organizzare, in fila ordinata di fronte a un supermercato; o il rosso della mascherina del bassista Saturnino che accompagnava il sindaco a Palazzo Marino.
Sfidando i divieti, a Milano si è visto anche qualche giro delle lapidi dei Partigiani.
Forse questo 25 Aprile diverso, questa giornata particolare di Milano, sarà ricordato come uno dei più forti dal punto di vista emotivo. Le persone unite a distanza, sui balconi.
Quei saluti, alla fine, da un lato all’altro della strada, quei “ci rivediamo presto” sono lo spirito laico di Milano. Che si prepara alla riapertura con mille incognite, con i numeri che non smettono di preoccupare. E sono stati un gesto, come Bella Ciao, profondamente politico.
Foto di Claudia Reali