A partire dal primo febbraio, in Francia prendere un Uber o usare un qualsiasi altro servizio con autista per una piccola corsa costa un po’ più caro. Ma non è colpa dell’inflazione. È piuttosto merito di un accordo storico firmato a fine gennaio dai principali sindacati di VTC, acronimo di Veicoli da turismo con guidatore, che ha introdotto un introito minimo garantito per gli autisti, a prescindere dalla durata della corsa. I guidatori riceveranno almeno 7 euro e 65 netti a viaggio. Sommando le commissioni, vuol dire che chi usa un’applicazione come Uber spende ormai circa 10 euro e 20 anche per il più piccolo spostamento.
Il ministero del Lavoro, che ha coordinato i negoziati, spiega che si tratta di un aumento del 27% rispetto alle tariffe più basse sul mercato. Per dare un’idea, finora un autista di Uber guadagnava sei euro netti su una corsa breve, che ai passeggeri ne costava 8.
Per i sindacati che hanno firmato l’accordo e per le piattaforme, si tratta di una soluzione che da un lato viene incontro agli autisti e dall’altro dovrebbe aiutare anche i clienti. Eh sì, perché negli ultimi tempi non era raro vedersi rifiutare una chiamata o aspettare a lungo prima di trovare una macchina disponibile. Le corse brevi erano già considerate poco remunerative dai guidatori a fronte del tempo passato nel traffico ma l’aumento del prezzo della benzina le ha rese ancora meno attrattive, creando uno scompenso evidente tra l’offerta e la domanda. Ma, secondo tre sindacati che non hanno firmato l’accordo, non sarà l’introduzione di un prezzo minimo a corsa a cambiare le cose. Loro vorrebbero piuttosto introdurre tariffe orarie e chilometriche o far pagare i servizi supplementari. Un approccio più drastico che per il momento le piattaforme non vogliono assolutamente prendere in considerazione. In ogni caso, questo accordo inedito sulla tariffa minima segna un nuovo passo avanti per il settore degli autisti privati in Francia. Che secondo i dati ufficiali impiegava circa 40 mila persone nel 2021, di cui 32 mila registrate su Uber. Lavoratori autonomi, gli autisti hanno ottenuto negli anni le stesse coperture dei dipendenti in materia sanitaria (in caso di malattia o maternità, ad esempio) ma non hanno diritto alla disoccupazione. Più recentemente, nel 2020, una sentenza della corte di Cassazione ha riconosciuto l’esistenza di un rapporto di subordinazione tra Uber e gli autisti che usano l’app. L’azienda americana assicura che da allora solo il 35% delle domande di riqualificazione del contratto di lavoro sono state accolte dai giudici, ma è stata appena condannata dal tribunale del Lavoro di Lione a versare 17 milioni di euro a 139 autisti che ne hanno fatto richiesta. Uber ha già annunciato che ricorrerà in appello.
Foto | Le proteste degli autisti di Uber a Parigi, febbraio 2016