Un uomo passa un neonato attraverso una recinzione lungo il confine tra Serbia e Ungheria. È questa l’immagine, dal titolo “Speranza per una nuova vita”, che ha vinto il World Press Photo 2016. La foto è stata realizzata dall’australiano Warren Richardson. Warren è un freelance, ha 48 anni, vive e lavora a Budapest.
Nel 2015, al confine serbo-ungherese, si è occupato dell’emergenza rifugiati ed è finito sui giornali perché picchiato dalla polizia ungherese. La foto premiata è stata scattata il 28 agosto a Röszke. Come altre migliaia di migranti che tentavano ogni giorno di raggiungere lo spazio Schenghen, l’uomo e il piccolo stanno entrando in Ungheria. All’epoca il muro di Viktor Orban non era ancora stato completato in quella zona.
Così Richardson racconta il momento dello scatto:
“Con i rifugiati ho dormito cinque notti in un accampamento. Un giorno è arrivato un gruppo di circa 200 persone, che si sono nascoste sotto gli alberi, vicino al filo spinato. Prima hanno mandato donne e bambini e poi padri e anziani. Sono stato con loro cinque ore e tutta la notte abbiamo giocato a nascondino con la polizia. Al momento dello scatto della foto ero esausto. Erano circa le tre del mattino ed era impossibile usare il flash, per non richiamare l’attenzione della polizia. Quindi avevo soltanto la luce della luna”.
Per il presidente della giuria, Francis Kohn, della France Press, la foto è molto classica ma anche senza tempo: “Quando l’abbiamo vista abbiamo capito che era importante. Ha un enorme potere perché è semplice, con in più il simbolismo del filo spinato. Abbiamo pensato che avesse quasi tutti gli elementi per dare un’immagine potente della situazione dei rifugiati”.
Giovanna Calvenzi è una importante photoeditor e storica della fotografia. Le abbiamo chiesto un’impressione sulla foto dell’anno: “Se paragono la foto di Richardson a tutte le altre che hanno partecipato al World Press, questa mi piace davvero. Non tende alla spettacolarizzazione. Con questo bianco e nero di una volta e una luce che c’è e non c’è, mi emoziona molto di più”.
Ascolta qui il commento integrale di Giovanna Calvenzi