A pochi giorni dalla sentenza di Cassazione che manda in prescrizione il reato di omicidio nei confronti delle centinaia di operai della Eternit morti per mesotelioma, arriva al cinema Un posto sicuro. Il film di Francesco Ghiaccio, scritto con Marco D’Amore anche protagonista, riprende una storia possibile accaduta nel 2011 a Casale Monferrato all’ombra della fabbrica d’amianto, ormai dismessa.
Un padre e un figlio: Eduardo e Luca (come i De Filippo, sarà casuale?), intrepretati da Giorgio Colangeli e Marco D’Amore, napoletano, noto soprattutto per Gomorra la serie e per i suoi personaggi da camorrista. Il giovane è un attore, fa il clown per sopravvivere e ama Raffaella, l’attrice Matilde Gioli (Il Capitale Umano). Sta preparando uno spettacolo sulla vicenda dell’Eternit, quando scopre che al padre, ex operaio della fabbrica e con cui ha un pessimo rapporto, hanno diagnosticato un tumore alla pleura provocato dall’amianto.
Un’occasione per riavvicinarsi e portare avanti insieme una lotta per la giustizia, poco prima della sentenza del processo e per trovare la forza di raccogliere testimonianze, utili per far conoscere la verità all’Italia intera. Le voci e i volti di chi ha subito il disastro dell’Eternit sono nel film e vengono riportate come parte integrante della narrazione.
“L’amianto era considerato un materiale eccezionale, isolante e indistruttibile: per questo l’hanno chiamato Eternit – spiega Francesco Ghiaccio. Invece non è così, si sfibra e rilascia nell’aria filamenti che respiriamo”.
La fabbrica, che iniziò l’attività produttiva nel 1907 a Casale Monferrato, era la più grande d’Europa e tra gli anni ’50 e ’60 raggiunse il culmine della produzione con più di 2000 lavoratori. Costruivano lastre, tubi, coperture ondulate ed era considerato un posto sicuro. Ma nel 1986 fu chiusa per fallimento, lasciando a casa 350 operai e centinaia di tonnellate di amianto sparse nelle aree cisrcostanti.
“Verso gli inizi degli anni ’70 tutte quelle morti tra gli operai iniziarono a non sembrare più naturali, poi il disastro iniziò a colpire le mogli degli operai che lavavano a mano le tute da lavoro sporche di amianto. E infine i cittadini vittime della polvere liberata dallo stabilimento, a ridosso del centro della città: uno sterminio in una citta cosi ridotta e il picco di vittime è previsto per il 2020”.
Il film riporta il senso di questa storia, con un linguaggio semplice e scorrevole, che avvicina gli spettatori ai personaggi, oltre a raccontare con precisione i fatti e senza lasciare indifferenti.
Ascolta l’intervista al regista Francesco Ghiaccio