Superato il primo mese guerra, forse non è più il tempo di chiedersi quante ragioni abbia Zelensky o quali errori abbia fatto la NATO, quanto tagliagole siano i ceceni o quanto nazisti quelli della brigata Azov.
Tutte questioni e polemiche che ovviamente hanno avuto giusta cittadinanza nel dibattito per settimane ma che oggi sembrano già vecchie e superate, minori rispetto al pericolo reale verso cui ci sta portando la deriva.
Nei 77 anni successivi alla fine della Seconda guerra mondiale non si è mai andati così vicini al peggio, nemmeno col Muro di Berlino, con la crisi dei missili a cuba o durante il conflitto jugoslavo.
Mai.
Dobbiamo aprire gli occhi e rendercene conto.
Nell’ultimo mese l’inimmaginabile è diventato possibile. Non ancora probabile, ma possibile sì. Magari sotto forma di incidente, o di “uso limitato di armi nucleari tattiche”, come viene chiamato, senza sapere poi fin dove si possa allargare questo limite.
Un mese dopo quindi siamo entrati – o almeno dovremmo entrare – in un’altra fase del dibattito pubblico.
Che non è più sulle opinioni di Orsini o quelle di Riotta, per intenderci. E nemmeno sui torti e le ragioni in generale.
È sulla deriva rischiosissima verso cui rischiamo di andare.
Perché se questa deriva non dovesse fermarsi, sarà poi inutile sapere chi aveva ragione tra Orsini e Riotta.