Un passo avanti, forse un balzo.
In vista del cruciale appuntamento della Conferenza sul clima di Parigi, la Cina ha mandato un segnale molto positivo. Per la prima volta Pechino ha accettato di sottoporsi a controlli e verifiche vincolanti.
In questi giorni il presidente francese François Hollande si trova in Cina. E in cima all’agenda diplomatica c’è proprio l’appuntamento di metà dicembre a Parigi – la Conferenza internazionale sui cambiamenti climatici – che getterà le basi per il dopo-Kioto e che dovrà affrontare l’emergenza del surriscaldamento del Pianeta. Il presidente francese ci punta molto: essere il padrone di casa di un accordo globale sarebbe un palcoscenico politico formidabile. Ma questa è un’altra storia. Ciò che conta è che si riesca a trovare un’intesa per affrontare una situazione che – ormai gli scienziati sono concordi – rischia di essere l’ultima spiaggia. Non c’è più tempo, bisogna agire per limitare – se non fermare – il cambiamento climatico in atto.
Questo il contesto. Ma c’è un tema fondamentale: l’atteggiamento dei due grandi player, Stati Uniti e Cina, che sono anche i due grandi inquinatori. Ma che sono da sempre restii a sottoporsi alle verifiche della comunità internazionale. Washington, con Barack Obama, sembra aver imboccato una strada decisamente diversa dal passato. L’ambiente è una priorità, e chiudere la propria esperienza alla Casa Bianca come grande sponsor di un’intesa globale sul climate change sarebbe per Obama una indiscutibile vittoria. In un’intervista a Rolling Stone il capo della Casa Bianca ha confessato: “Voglio che quando le mie figlie andranno a fare snorkeling alle Hawaii, possano vedere i pesci e le barriere coralline che vedevo io quando avevo cinque anni”.
Se gli Usa di Obama sono orientati alla conclusione positiva della Conferenza di Parigi, resta da capire l’atteggiamento cinese. Per questo l’intesa annunciata al fianco di Hollande è importante. La parola chiave è: “legalmente vincolante”. Questo è il passo avanti che il presidente francese non esita a definire “storico”. Per la prima volta Pechino accetta questo principio: che gli accordi di Parigi saranno soggetti a verifiche e controlli. E di conseguenza la Cina è disponibile a sottoporsi a una limitazione di sovranità nell’ambito della implementazione dell’accordo.
“Una novità importante”, concorda Maria Grazia Midulla, responsabile clima ed energia del Wwf, una veterana della trattative internazionali sull’ambiente.
Maria Grazia Midulla: una valutazione
Quello delle verifiche, del resto, è un tema che si ripropone a ogni conferenza internazionale. E non sempre fornisce esempi gratificanti della reale buona volontà di collaborazione dei paesi firmatari di un accordo. “Come quando la Nuova Zelanda portò diapositive che sembravano più una promozione turistica che il tema di un panel scientifico”, racconta Midulla.
Maria Grazia Midulla: le necessarie verifiche
Bisogna fare un esercizio di realpolitik, a questo punto. E chiedersi: come rendere conveniente per un governo attivarsi nella direzione di uno sviluppo più sostenibile? Quella della green economy è la vera scommessa per il futuro. Investire nell’ambiente e nelle energie rinnovabili deve essere reso conveniente. E questa convenienza sarà il frutto di un mix: evoluzione scientifica e scelte politiche. La Cina se n’è accorta. E questo è un altro buon segnale in vista non solo di Parigi 2015, ma soprattutto di un futuro più sostenibile. “Cina e India, che hanno bisogno di energia – spiega ancora Maria Grazia Midulla – si stanno anche accorgendo delle nuove, grandi opportunità”.