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La buona accoglienza di Asti

Fatima viene dal Ghana, ha un figlio di 18 anni e una figlia di 13. Vive ad Asti, e negli ultimi due anni ha accolto, uno alla volta, 3 richiedenti asilo; la famiglia di Princess, che è di origine nigeriana, ha una casa più grande, e può accoglierne due, anche se in questo momento c’è solo Emanuel, perché Adam ha appena ottenuto il permesso di soggiorno, e ora continua il suo percorso verso l’indipendenza.

Nei mesi in cui a casa di Boris e Danila c’era ospite Danish, è nata una bellissima relazione tra il giovane cingalese e il piccolo figlio della coppia, tanto che adesso la famiglia sta pensando di ripetere l’esperienza di accoglienza.

Queste sono solo alcune delle 36 famiglie che in questo momento stanno ospitando richiedenti asilo ad Asti, grazie ad un progetto coordinato dalla onlus Piam, che si occupa da sempre di migranti e di riscatto delle vittime della tratta. L’accoglienza in famiglia è iniziata nel 2014, da allora sono più di 60 le famiglie che hanno provato questa esperienza almeno una volta.

Dopo una prima fase in cui presentano la richiesta per l’asilo e ottengono la tessera sanitaria e gli altri documenti, ai profughi viene infatti presentata la possibilità di essere accolti in un nucleo già inserito nel territorio.

“È un’esperienza molto importante per loro”, ci spiega Princess, che per Piam è anche mediatrice culturale, “Noi diciamo loro di seguire sempre le indicazioni della famiglia che li ospita, perché devono imparare come funzionano le cose qui”. L’obiettivo infatti è quello di permettere loro di capire come muoversi, come gestire la casa, i fornelli, dove fare la spesa. Perché una volta ottenuto lo status di rifugiato, andranno a convivere con altri stranieri e, una volta trovato lavoro, lasceranno i progetti di accoglienza per essere finalmente autonomi.

“La famiglia ospitante firma una convenzione con noi” spiega Francesca, che si occupa della consulenza legale ai rifugiati, “Il Piam continua a fornire tutti i servizi necessari ai richiedenti asilo, le famiglie devono limitarsi a garantire un letto e 3 pasti al giorno. Noi riceviamo una diaria di 35 euro per beneficiario; abbiamo deciso di dare metà di questa diaria alle famiglie, una cifra che permette, soprattutto alle famiglie in difficoltà, di pagare un affitto e di contribuire alle spese. È quello che noi definiamo un welfare dal basso”.

Ascolta le esperienze di accoglienza di Fatima, Boris e Princess, dalla puntata di Welcome del 7 febbraio
asti-famiglie

Le resistenze, anche ad Asti, ci sono, e per promuovere una cultura di accoglienza Piam ha lanciato la campagna “L’accoglienza fa bene”, con la quale smonta tutti gli stereotipi denigratori nei confronti degli stranieri: rubano il lavoro agli italiani, portano malattie, guadagnano 35 euro al giorno per non fare niente… Fortunatamente la città si è dimostrata accogliente con i profughi, anche grazie alla decisione di realizzare questo modello di accoglienza “diffusa”, che quindi non prevede di concentrare la presenza immigrata ed impedisce la ghettizzazione di aree precise o di edifici. Se poi le esperienze di accoglienza in famiglia stanno funzionando lo si deve anche all’attento lavoro di selezione delle famiglie che si sono rese disponibili ad accogliere, e soprattutto al sostegno che Piam offre loro. “È fondamentale capire se tutti i componenti della famiglia siano d’accordo nella scelta di accogliere”, continua Francesca, “e poi è importante, da parte nostra, la fase di monitoraggio, quindi incontrare le famiglie con una certa frequenza e appianare eventuali conflitti, laddove ci siano discussioni anche per delle banalità: il fumo, l’odore del cibo…screzi normali per una convivenza!”

Ascolta tutta la puntata di Welcome dedicata alle famiglie accoglienti del progetto di Piam onlus ad Asti

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    Sara Milanese
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    Le nostre mani ci permettono di entrare in contatto con il mondo e con la realtà che ci circonda, creando relazioni di vicinanza e intimità. Tuttavia, il nostro tocco è sempre più influenzato e mediato dalla tecnologia, che cambia il modo in cui viviamo e ci relazioniamo con gli altri. Nella performance partecipativa "Hands Made" le mani diventano protagoniste: gli spettatori sono invitati, nell’oscurità, a osservare la propria mano e quelle dei vicini, isolate dal corpo. L’artista turca Begüm Erciyas indaga così le trasformazioni del nostro rapporto con il tocco nel corso della storia per ripensare e riscoprire il senso del tatto e del contatto. Oggi a Cult da Ira Rubini ospite proprio l'artista turca per parlare del suo "Hands Made", alla Triennale Milano il 15 e 16 marzo.

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