“Questa è la nostra terra, non può essere profanata. Chiediamo il rispetto dei nostri valori, dei nostri diritti, delle nostre acque”.
Il presidente della Standing Rock Sioux, David Archambault II, aveva avvertito le autorità e la compagnia texana Energy Transfer Partners, che aveva progettato la costruzione dell’oleodotto DAPL, che passa accanto alla riserva Sioux nelle grandi praterie del nord.
Ma la compagnia ha tirato dritto, forte del via libera dell’Army Corps of Engineers (il genio militare) ha iniziato i lavori per costruire il Dakota Access Pipeline (DAPL), duemila chilometri di tubature sotterranee che attraversano 4 Stati, dal North Dakota fino all’Illinois, con un investimento di quasi 4 miliardi di dollari. Per i Nativi si è trattato di una duplice violazione, delle loro tradizioni e del loro diritto ad avere acqua pulita.
La protesta contro la costruzione dell’oleodotto si è estesa subito dopo le prime denunce del presidente della Standing Rock Sioux, Archambault: “Le squadre di operai della compagnia hanno rimosso il suolo in una vasta area di 2 miglia. Una demolizione devastante. I sottosuoli sono luoghi di riposo dei nostri antenati. Gli antichi tumuli e gli anelli di preghiera di pietra non possono essere sostituiti. In un solo giorno, la nostra terra è stata profanata”.
Da allora è stato un crescendo di mobilitazioni che hanno portato diverse tribù, guidate da Archambault (nella foto), ad accamparsi nell’area dei lavori, per bloccare l’accesso dei cantieri dell’oleodotto.
La lotta dei Sioux, che ha avuto la solidarietà delle altre tribù, degli ambientalisti e di buona parte dell’opinione pubblica, fino a figure come l’attrice Susan Sarandon, ha portato al momento a una prima vittoria: l’amministrazione Obama ha deciso di sospendere la costruzione dell’oleodotto. Il Dipartimento di Giustizia ha emesso un decreto che di fatto blocca i lavori. Nell’ordinanza si legge che la costruzione dell’oleodotto non riprenderà fino a quando gli esperti non avranno espresso il loro parere e dopo aver consultato anche i rappresentanti delle comunità locali che – scrivono i giudici – hanno sollevato ‘questioni importanti’, che andranno approfondite.
La decisione del dipartimento di Giustizia è arrivata poco dopo che un giudice federale aveva respinto la richiesta della tribù della riserva Standing Rock Sioux e degli ambientalisti di fermare i lavori dell’oleodotto. Una sentenza che avrebbe alimentato ed esteso ancora di più la rabbia e le proteste dei Nativi. Intanto anche il New York Times ha messo sotto accusa la compagnia Energy Transfer Partners: è stato il reverendo Jesse Jackson, in un comunicato del 9 settembre a sostegno dei Sioux, a citare le parole del NYT: “Nonostante le rassicurazioni della società energetica, nel corso degli anni in cui ha promosso il record di sicurezza delle sue condotte, ci sono cadute e rotture che si verificano regolarmente, a volte piccole perdite e talvolta incidenti catastrofici “.
A puntare il dito contro le autorizzazioni alla compagnia Energy Transfer Partners, concesse dal genio militare americano, l’Army Corps of Engineers, è stato anche il blog ambientalista americano Climate Progress. L’Army Corps non ha tenuto conto dei pareri dell’ Epa, Environmental Protection Agency, che aveva posto alcune obiezioni ambientali e di sicurezza sulla costruzione dell’oleodotto, che dovrebbe portare 500.000 barili di greggio al giorno attraverso un tragitto che all’inizio non doveva passare accanto alla riserva Sioux di Standing Rock.
Ma la compagnia energetica ha deciso di attraversare il fiume Missouri per ridurre i costi, e ora la pipeline passerebbe solo mezzo miglio a monte della riserva della tribù, mettendo a rischio siti religiosi, culturali e risorse vitali come l’acqua.
Questo nonostante l’Epa fosse stata chiara: ”L’attraversamento del fiume Missouri ha il potenziale di influenzare la principale fonte di acqua potabile per gran parte del territorio Dakota”. Epa e Advisory Council on Historic Preservation, un’agenzia federale indipendente, avevano fatte proprie le preoccupazioni dei Sioux, ma tutte queste obiezioni e questi allarmi sono stati inascoltati.
Ora dopo le mobilitazioni delle tribù e l’intervento dell’amministrazione Obama la costruzione dell’oleodotto è stata sospesa. Ma la questione è tutt’altro che conclusa. E la battaglia dei Sioux continua.