L’obiettivo più ambizioso sembra essere la pace definitiva dopo 65 anni, una pace possibilmente da raggiungere entro fine anno. Obiettivo subordinato al buon successo degli incontri bilaterali e multilaterali – con Stati Uniti e Cina – che continueranno nei prossimi mesi. È questa forse la parte più significativa della dichiarazione finale del summit tra il presidente sudcoreano Moon Jae-in e il leader nordcoreano Kim Jong-un.
La fase nuova era già cominciata a gennaio, con il repentino cambio di tono di Kim Jong Un che è passato dai test missilistici e nucleari alla mano tesa verso Seul. Una svolta concretizzatasi poi con la partecipazione nordcoreana alle olimpiadi invernali organizzate dai dirimpettai. Moon Jae-in ha colto l’occasione al volo. Del resto, sulla pace, lui, figlio di immigrati dalla Corea del Nord, ha puntato sempre. Ora bisognerà vedere se Donald Trump sarà disposto ai compromessi.
La pace non si fa infatti senza Stati Uniti e Cina e si collega quindi all’altro grande tema: la denuclearizzazione della penisola, su cui a parole si impegnano sia Seul sia, soprattutto, Pyongyang. Cosa poi si intenda per denuclearizzazione lo si capirà proprio nei prossimi mesi: La Corea del Nord rinuncia unilateralmente al suo arsenale oppure questa rinuncia è vincolata allo smantellamento delle basi statunitensi in Corea del Sud? Bisogna comunque aspettarsi qualche concessione anche da Washington, come una riduzione dei propri effettivi – quasi 30mila uomini – a sud del 38esimo parallelo? Difficile, dato che la Corea del Nord è per gli Usa il migliore pretesto per giustificare la propria presenza militare in Asia Orientale ed attuare la propria strategia di containement della Cina.
Il nodo più difficile da sciogliere comunque permane: gli Stati Uniti pretendono la denuclearizzazione di Pyongyang prima di ogni trattativa, i nordcoreani invece vogliono garanzie prima di rinunciare al nucleare. E auspicano anche la fine delle sanzioni e, magari, aiuti economici.
La mediazione difficile,quasi impossibile, sarà soprattutto compito di Moon.
Per il resto, la giornata di ieri lascia molti atti simbolici dal forte impatto.
Alle 9:30 ora locale, Kim Jong un è diventato il primo leader nordcoreano in 65 anni ad attraversare il 38esimo parallelo in direzione sud. Ad accoglierlo giusto al di là della linea di demarcazione c’era proprio Moon Jae-in, l’uomo che più si adoperato per un riavvicinamento tra le due Coree e per la riduzione delle tensioni nella penisola. L’incontro si è svolto secondo un rituale studiato nei minimi particolari, in cui spiccano alcuni dettagli. Il picchetto d’onore che ha accolto Kim non era militare, bensì in abiti tradizionali coreani, a richiamare la storia comune.
Poi ci sono stati un paio di apparenti fuori programma che molto probabilmente erano invece programmati: dopo la prima stretta di mano al di sotto del 38esimo parallelo, in territorio sudcoreano, Kim ha invitato Moon a fare un passo indietro per tornare con lui in territorio nordcoreano. Hanno attraversato sorridenti la linea di demarcazione tenendosi per mano e poi si sono fatti di nuovo fotografare. In seguito, dopo aver passato in rassegna le due delegazioni e prima di entrare nella casa della pace, è stato invece Moon a chiedere una bella foto di gruppo ordinando un rompete le righe e mescolando funzionari sudcoreani e nordcoreani. Poi l’ingresso nell’edificio, dove Kim ha firmato il libro degli ospiti.
Ma il riavvicinamento delle due Coree è fatto anche di tanti gesti concreti, anche se gli scettici dicono di averne già visti in passato: si favoriranno gli incontri tra le famiglie separate dal 1953, è stata già aperto un canale telefonico diretto tra Kim e Moon e i due interlocutori rinunciano ufficialmente a ogni atto ostile, tra cui bisogna considerare anche gli esperimenti missilistico-nucleari nordcoreani.
Anzi Kim Jong-un si è perfino scusato con Moon perché con i suoi test l’ha spesso costretto a levatacce di mattina presto per convocare d’urgenza il proprio consiglio di sicurezza: “Mi hanno detto che a causa nostra ha spesso dormito male. Le prometto che non succederà più”. “D’ora in poi dormirò sonni tranquilli”, ha risposto l’altro.