Il racconto della giornata di giovedì 17 novembre 2022 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Per arrivare pace alla serve più pressione su Mosca, dice Zelensky. Intanto in Ucraina cade la prima neve, continuano i bombardamenti russi e gli Stati Uniti fanno sapere di essere “a corto di armi”. Negli Stati Uniti i repubblicani raggiungono la fatidica quota di 218 deputati, ma la maggioranza della Camera è scarsa e il partito è spaccato tra moderati e trumpiani. La legge di bilancio sarà approvata la settimana prossima, nel Pd l’accordo pare lontanissimo. Oggi pomeriggio a Prato i lavoratori della Iron&Logistics, da inizio ottobre in presidio permanente, hanno occupato la fabbrica.
Continuano i bombardamenti russi sull’Ucraina
Kiev e molte altre città ucraine sono al buio stasera, dopo i massicci bombardamenti che anche oggi Mosca ha condotto sul paese. I raid prendono di mira deliberatamente le infrastrutture energetiche, con l’obiettivo di piegare l’Ucraina rendendo la vita impossibile alla popolazione civile. Il presidente Zelensky ha detto che molte delle linee sono state ripristinate. Ma la corrente, anche nella capitale, è razionata e viene erogata per sole due ore al giorno, a rotazione. Stanotte in Ucraina è caduta la prima neve dell’anno e le temperature, in alcune regioni viaggiano già sotto lo zero. Il racconto da Kiev dell’inviato del Corriere della Sera Lorenzo Cremonesi.
Su quella che è diventata la linea di contatto tra i due eserciti, nell’est del Paese, lungo il fiume Dnipro, gli scambi di artiglieria proseguono. Mosca sta costruendo delle trincee, segno che sarà probabilmente su questa linea che attesterà nei prossimi mesi il conflitto. Il Cremlino ha detto oggi che non rinuncerà ai territori annessi, nonostante con la controffensiva di kiev siano GIà tornati sotto controllo ucraino. Zelensky ha detto che una vera pace si raggiungerà solo aumentando la pressione internazionale su Putin.
Continuano anche le indagini sul missile caduto in territorio polacco: il presidente ucraino ha detto oggi di non sapere cosa sia successo mentre il ministro degli esteri Kuleba ha annunciato l’invio di ispettori, mentre dagli stati uniti si moltiplicano i segnali di una stanchezza nel sostegno alla guerra. Poco fa la Cnn ha scritto, citando tre funzionari del Pentagono, che gli stati uniti sono a corto di armi da inviare a Kiev. Ci sono poi anche le dichiarazioni del capo di stato maggiore Milley, che ha dichiarato che le possibilità di una vittoria ucraina in tempi brevi sono molto basse. A che tipo di obiettivo rispondono questo genere di interventi? Francesco Strazzari, docente di relazioni internazionali alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa
L’inchiesta sulla cooperativa della suocera e della moglie del deputato Soumahoro
La procura di Latina ha aperto un’inchiesta su una cooperativa gestita dalla suocera e dalla moglie del deputato di Verdi e Sinistra Italiana Aboubakhar Soumahoro. Ne da notizia Repubblica Roma. Le accuse sono di stipendi non pagati, lavoro nero, condizioni di sfruttamento anche per richiedenti asilo minorenni. Le denunce sono state raccolte dal sindacato UilTucs, che ha chiesto l’intervento dei magistrati. Il deputato, noto proprio per le sue lotte con i braccianti, si difende su Facebook accusando il giornale di scrivere falsità. Ma questa vicenda non è la prima accusa di opacità che riguarda il fondatore della Lega Braccianti.
La notizia esce per la prima volta il 18 ottobre sul quotidiano La Verità, che dà conto delle denunce del sindacato UilTucs, che segue la trentina di lavoratori della coop Caribù, attiva nell’accoglienza di richiedenti asilo e del contrasto al caporalato nell’Agro Pontino. Documenti alla mano, l’articolo da conto di debiti per 2 milioni di euro e stipendi non pagati per 2 anni. La cooperativa dà colpa ai mancati pagamenti da parte delle istituzioni locali. “Non è accettabile scaricare il rischio d’impresa sui lavoratori”, replica Gianfranco Cartisano della Uil che ha chiesto l’intervento degli ispettori del lavoro. Una storia delle tante del mondo cooperativo che riguarda però la coop fondata e presieduta da MarieTherese Mukamitsindo, e Liliane Murekatete, rispettivamente moglie e suocera di Aboubakar Soumahoro. Repubblica raccoglie testimonianze di alcuni dei richiedenti, minorenni, che parlano testuale di essere stati tenuti in posti senza acqua ed elettricità, e maltrattamenti. E cita poi i verbali dell’ispettorato, su lavoro nero e mancati pagamenti per 400mila euro. Sui social, Soumahoro abbandona la linea del “reagiremo col sorriso” e con rabbia parla di falso, fango, diffamazione e annuncia querele nonostante non sia coinvolto personalmente, per quanto la vicenda sia imbarazzante per chi si è costruito credibilità proprio sulla lotta al caporalato. Non è però la prima accusa di opacità che lo riguarda. La prima attiene ai fondi della Lega dei Braccianti destinati agli aiuti, che un’inchiesta di Fanpage quantifica in alcune decine di migliaia di euro, che secondo due co-fondatori e il suo ex sindacato Usb, sarebbero stati usati per scopi personali. La seconda riguarda le accuse di operatori umanitari e sindacalisti, di pestaggi ed aggressioni nel ghetto di Foggia da parte di persone legate alla sua Lega. Intervistato da Radio Popolare l’8 settembre, Soumahoro aveva attribuito al razzismo queste accuse, che però arrivano da neri braccianti, proprio come era lui prima di costruirsi la fulminante carriera politica.
Il caos del Partito Democratico
(di Anna Bredice)
Più si entra nel vivo della discussione nel Partito Democratico, più le cose si ingarbugliano e a due giorni dall’assemblea per cambiare alcune regole statutarie e dare il via alla fase costituente, c’è più caos che altro nel partito. Per una parte del Pd quel 12 marzo, come data delle primarie, è lontanissimo, a sostenerlo è quell’area vicina a Stefano Bonaccini, appoggiato da Base riformista che vorrebbe invertire il percorso, prima la scelta del nuovo segretario e poi la fase costituente. Ci sarebbe in quel caso un leader nel pieno del suo mandato per affrontare la fase successiva con maggiore forza, compresa la campagna elettorale per le regionali. A pensarla in modo diverso sono gli altri candidati, che hanno bisogno di maggiore tempo per rafforzare la corsa alla leadership, compresa Elly Schlein, che ha varie tappe da bruciare in fretta, iscriversi al partito e avere un sostegno forte, anche se un esponente di primissimo piano ad appoggiarla ci sarebbe già, Dario Franceschini, che nel Pd spesso segna con il suo posizionamento la linea vincente. Ma a sinistra c’è anche il nome di Andrea Orlando. In tutto questo Enrico Letta cerca di guidare un partito che non trova più la bussola, che invece servirebbe in questi primi mesi di governo, è spinto da una parte e dall’altra, stretto a sinistra da Conte e a destra da Renzi e Calenda. Letta rimane alla guida perché teme che invece di un congresso arrivi una scissione e cerca di navigare verso una data, quella di marzo, che in ogni caso è lontana per molti nel partito, anche per chi non ha candidature da sostenere. A farne le spese sono anche le alleanze e i nomi per le regionali, in Lombardia e nel Lazio, si procede con fatica nel trovare un nome condiviso, anche perché i Cinque stelle vogliono attendere e capire con quale Pd dovranno fare i conti nei prossimi mesi, uno spostato più a destra, verso Calenda, oppure a sinistra.
I lavoratori della Iron&Logistics hanno occupato la fabbrica
Oggi pomeriggio a Prato i lavoratori della Iron&Logistics, da inizio ottobre in presidio permanente, hanno occupato la fabbrica. Attorno alle 15, denuncia il sindacato di base Sì Cobas, alcune persone vicine all’azienda avrebbero aggredito tre lavoratori in presidio per poter far uscire dei macchinari dallo stabilimento. Uno di loro si trova ora al pronto soccorso, in codice giallo. A inizio ottobre ventidue lavoratori avevano scoperto di essere stati licenziati dal citofono della fabbrica, dopo aver provato a usare il tesserino per entrare al lavoro. A seguito dell’aggressione di oggi i lavoratori, da settimane in vertenza contro l’azienda, hanno quindi occupato la fabbrica. Abbiamo sentito il rappresentante sindacale dei Sì Cobas Prato Luca Toscano
Negli Stati Uniti la vittoria dei repubblicani pare quasi una sconfitta
(di Roberto Festa)
Una vittoria che sembra quasi una sconfitta. Nel giorno in cui, dopo oltre una settimana di scrutini, i repubblicani raggiungono la fatidica quota di 218 deputati, quindi la maggioranza alla Camera, l’atmosfera nel partito repubblicano è tutt’altro che trionfale. Ci si aspettava, appunto, il trionfo, ci si aspettava di strappare al democratici oltre sessanta seggi. In realtà, la maggioranza della Camera è di una manciata di deputati. E’ una maggioranza segnata da problemi gravi. Il nuovo speaker repubblicano, Kevin McCarthy, avrà un bel daffare a tenere unito il partito, spaccato tra moderati e trumpiani, nomenclatura di Washington e libertarian. L’annuncio della candidatura alle presidenziali di Donald Trump avrà l’effetto, ulteriore, di inasprire scontri e rivalità interne a conservatori. Certo, con questa maggioranza così esigua i repubblicani potranno comunque fare delle cose. Per esempio, fissare l’agenda dei lavori. Controllare il lavoro delle Commissioni, far partire una serie di probabili inchieste sull’amministrazione Biden e sul figlio di Biden, Hunter. Quello che i repubblicani non potranno fare, comunque, è governare. L’altro ramo del Congresso, il Senato, resta infatti in mano ai democratici, e comunque Biden mantiene il suo diritto di veto. Aspettiamoci quindi due anni di scaramucce continue tra Casa Bianca, Camera e Senato e una quasi totale paralisi legislativa. Aspettiamoci un partito repubblicano sempre più spaccato e percorso da una crisi sorda e profonda.