La visita di Zelensky a Kherson, riconquistata dagli ucraini solo lo scorso fine-settimana, ha un significato simbolico importante. Il presidente ha parlato davanti al palazzo del governo regionale, sul quale fino a pochi giorni fa sventolava la bandiera russa.
Lo stesso Putin aveva detto che Kherson, come gli altri territori annessi a fine settembre, sarebbe rimasta per sempre russa. Il suo portavoce, Peskov, lo ha ripetuto ancora: “Quello è territorio della Federazione Russa”. Ma il vento è cambiato e la guerra sta andando in un’altra direzione. Questo è il momento della contro-offensiva ucraina nel sud del paese.
A Kherson Zelensky ha detto che le operazioni militari andranno avanti e che lui è disposto sì a dialogare, ma solo se e quando il dialogo porterà a ristabilire l’integrità territoriale ucraina.
Mentre Zelensky parlava, questa mattina, nel centro di Kherson si sentivano chiaramente delle esplosioni. Non è chiaro se colpi di artiglieria oppure mine russe fatte brillare alla periferia della città. Sta di fatto che i russi sono ancora molti vicini, dall’altra parte del fiume Dnipro, in grado di colpire il centro di Kherson con l’artiglieria in qualsiasi momento.
La visita di Zelensky conferma quindi l’ottimismo degli ucraini, ma quella del presidente è stata proprio una puntata, durata circa dieci minuti. A confermare, allo stesso tempo, quanto sia ancora volatile la situazione sul fronte sud. A nord di Kherson le due parti si sarebbero scambiate colpi di artiglieria ancora nelle ultime ore.
Vladimir Putin non ha mai commentato pubblicamente il ritiro da Kherson. Dal punto di vista mediatico negli ultimi giorni è passato, volontariamente, in secondo piano. Probabilmente al Cremlino non vogliono che i russi lo associno a questo momento così difficile per le truppe di Mosca. Dal lato russo chi rilascia dichiarazioni ufficiali parla comunque di ritirata tattica, di riposizionamento per rifornire meglio le unità sul campo.
Le difficoltà sono evidenti, ma impossibile al momento escludere che la Russia, oggi sulla difensiva, possa tornare ad attaccare. Lo ha ricordato anche il segretario generale della NATO, Stoltenberg: non bisogna sottovalutare la forza e le capacità della Russia. E – aggiungiamo noi – non bisogna nemmeno dimenticare la strategia di Putin di mettere in difficoltà tutta la popolazione civile ucraina con i bombardamenti sulle infrastrutture energetiche. La sensazione è che l’orizzonte sia quello di una fine negoziata della guerra, ma che il momento non sia ancora arrivato e che entrambe le parti pensino di poter ancora segnare dei punti a loro favore sul campo.
La diplomazia al momento sta lavorando su altre questioni, non sulla fine della guerra. A Ginevra le Nazioni Unite stanno cercando di arrivare al rinnovo dell’accordo sul grano e sull’apertura dei porti sul Mar Nero che scadrà sabato prossimo. Ad Ankara, invece, incontro tra i responsabili dei servizi segreti americani e russi. Da Washington hanno precisato che la discussione vuole prevenire incidenti internazionali e l’uso di armi nucleari, in sostanza che il conflitto esca dai confini ucraini. Sulla carta quindi nessun confronto su come mettere fine alla guerra, su un negoziato tra Mosca e Kyiv.