Diamo il benvenuto a uno straordinario scrittore, un personaggio che ha moltissime cose da raccontare. Arriva in Italia per presentare il suo ultimo libro Storia di Asta nella traduzione pubblicata da Iperborea e firmata da Silvia Cosimini, che abbiamo avuto ospite per parlare di Islanda alcuni anni fa. Lui è Jón Kalman Stefánsson, che oltre a essere il più celebre scrittore contemporaneo Islandese, è soprattutto un autore molto letto e apprezzato all’estero e giustamente pluripremiato. Tra l’altro è stato anche candidato al Nobel, anche se non sappiamo se il Nobel sia un premio che ci si augura ancora di vincere…
Benvenuto a Radio Popolare e grazie di essere con noi. Il fatto che sia stato nominato al Nobel testimonia il fatto che lei scrive di ciò che apparentemente può sembrare lontano dal lettore internazionale ma in realtà è universale. Lei parla di piccole cose, luoghi sperduti, spesso in Islanda, che sembrano essere assai distanti. Eppure il pubblico di paesi molti diversi ha amato subito la sua scrittura, ha capito subito di cosa parlava. Come lo spiega?
Certo, mi fa molto piacere che ciò accada. Credo che la conclusione più ovvia sia che la gente è la stessa dappertutto, i sentimenti soprattutto sono gli stessi, il cuore batte sempre allo stesso modo e anche certe sensazioni sono universali. Insomma, forse in Italia c’è un clima migliore che in Islanda, forse la politica è un po’ diversa, ma certi meccanismi e soprattutto certe sensazioni e sentimenti personali non cambiano.
Questa era una domanda per rompere il ghiaccio… già che si parla di Islanda! Ma ciò che vorrei chiederle adesso si lega alla sua affermazione secondo cui ha prima incontrato la poesia e solo in seguito la narrativa. Questo mi interessa molto, perché, per esempio nel suo romanzo Luce d’estate ed è subito notte, che ha avuto molto successo Italia, incontriamo personaggi molto concreti ma al tempo stesso pieni di immaginazione e di poesia. Può spiegarci questa relazione?
Ho pubblicato tre libri di poesia. Non mi aspettavo assolutamente che il mio punto di arrivo sarebbe stato scrivere dei libri. È stata una scoperta, un percorso che mi ha portato lì anche se quando guardo indietro ho la sensazione che quello fosse il mio destino fin dall’inizio, che fosse una cosa che mi aspettava e quindi mi piace definirmi un poeta che scrive romanzi.
Ottima definizione: la poesia è ovunque in quello che scrive. Ma c’è un’altra cosa che vorrei ci spiegasse: la sensazione, condivisa da critici e lettori, che lei abbia vissuto molte vite. Forse, perché la sua esperienza personale l’ha portata non solo all’estero ma in tanti diversi ambiti professionali, soprattutto nella prima parte della sua vita. Credo che si rifletta nel suo modo di scrivere…
Ripensandoci, sono molto grato di essere cresciuto in un ambiente di lavoratori, dove non sono stato esposto in modo particolare alla cultura o alla lettura. Poi ,mi sono spostato in una località, Keflavik, non tanto distante dalla capitale, Reykjavik, ma in realtà lontana un mondo dalla città, nonostante la distanza geografica non fosse grande. Un paese di pescatori dove tutto ruotava intorno all’industria del pesce. Infatti ho lavorato in una fabbrica di pesce per almeno tre anni e questo mi ha effettivamente fatto capire tante cose. Sono molto grato al destino di avermi fatto fare queste esperienze.
Ma lei ha fatto anche il bibliotecario e molti altri lavori…
Ho fatto anche il bibliotecario ma ero pagato malissimo. Spesso, quello che ha a che vedere con i libri non comporta un grande giro di soldi. Ma l’esperienza di vivere in mezzo ai libri è stata per me assolutamente fondamentale, molto bella e ancora una volta è stata molto preziosa. E in più, facendo il bibliotecario si possono influenzare i gusti dei lettori.
Le chiedo queste cose perché vorrei che gli ascoltatori la conoscere anche come persona, dato che le sue esperienze si riflettono molto nella scrittura. Lei ha anche detto che la parola è molto importante, non solo per chi scrive, ma nella vita di tutti i giorni. Cosa intendeva?
Sono le parole a renderci umani, solo noi abbiamo il dono della parola e a volte ci dimentichiamo delle cose grandiose che le parole possono fare e anche di quelle terribili. Forse, perché nella nostra vita quotidiana le usiamo continuamente, dimentichiamo l’incredibile potere che hanno le parole e del fatto che in molti casi dovremmo sceglierle con cura molto maggiore.
A proposito di “Storia di Asta”, è vero che il nome della protagonista suona un po’ come la parola “amore” in islandese?
In un certo senso. Se si prendono le ultime lettere del nome Asta, si ottiene una parola che in islandese significa “amore”.
Dunque, è un nome che è d’ispirazione. Il libro parla d’amore in varie accezioni: parla di una ragazza nata dalla grande passione dei suoi genitori. Lei stessa scopre molte cose sull’amore durante un’estate molto speciale. Mi pare che lei abbia voluto parlare della famiglia ma anche della forza dell’amore. Qual è stata l’ispirazione del libro? Persone reali? Sappiamo che lei mescola poesia e realtà. Da dove è partito?
Forse, è la prima volta che posso indicare chiaramente qual sia stata l’ispirazione di un mio libro. È stata la sorella di mia madre, una donna molto bella e intelligente, anche se è stata spesso infelice. Negli ultimi anni della sua vita le sono stato vicino, in famiglia l’abbiamo assistita fino al momento della morte. In qualche modo, la sua vita e la sua personalità hanno ispirato questo romanzo. Anche se, dopo che ho cominciato a scriverlo, ha subito preso la sua direzione, un’altra direzione, vivendo di vita propria.
Lei ha affermato anche che ama farsi sorprendere dai suoi romanzi, dalla sua scrittura. La scrittura prende direzioni che non si aspetta. Gli scrittori dovrebbero riscoprire la sorpresa nella scrittura, secondo lei?
Credo che l’opera d’arte sia fondata sul concetto di inatteso. I sentimenti in particolare sono molto importanti in letteratura e nell’arte in generale. I sentimenti non si possono prevedere, per fortuna non si può immaginare come si orienteranno e soprattutto non si può prevedere che reazioni avranno e provocheranno. Quindi, se in un’opera letteraria si vuole strutturare tutto, prevedere tutto, avere già tutto in mente o comunque controllarlo, dov’è l’inatteso? Qual è la sorpresa? Invece, l’inatteso è il cuore e il fulcro della letteratura e della poesia.
Non paragono gli scrittori a Dio, anche se gli somigliano. Chi crede nella Bibbia e nella descrizione della Creazione, è chiaro che tutto è andato storto fin da principio, Dio non controllava ciò che faceva e gli umani non si comportavano come aveva previsto. Quindi, se Dio fallisce come autore, figuriamoci quanto possiamo fallire noi.
Molto interessante, visto che spesso i suoi libri colgono di sorpresa il lettore in vari modi. A volte, gli elementi del paesaggio islandese appiano così potenti da evocare analoghi sentimenti. Ma il modo in cui li fa risuonare della sua poesia rende i suoi libri speciali. Cosa vorrebbe che il lettore portasse con sé di questo suo ultimo libro?
Questa è sempre una domanda difficile. Non voglio interferire con quello che i lettori porteranno con sé di un mio libro. Ho messo tutto quello che avevo nella scrittura, lo faccio sempre. Ci sono tanti nodi, tante questioni che ho cercato di sciogliere. Mi piacerebbe che quello che ho scritto aiutasse i miei lettori a guardarsi intorno. Questo per me sarebbe sufficiente.
E che capissero che Dio è una donna.