La mostra di Gauguin con cui aveva aperto il Mudec, museo che la città aspettava da vent’anni, ci aveva un po’ deluso, invece l’appuntamento con Miró curato dalla Fundació Joan Miró di Barcellona diretta da Rosa Maria Malet, in collaborazione per l’Italia con lo storico dell’arte Francesco Poli, è entusiasmante.
Un’ampia selezione di opere, più di cento realizzate tra i primi anni ’40 e il 1981. Joan Miró, nato a Barcellona nel 1893 e morto a Palma di Maiorca nel 1983, è una delle personalità più illustri della storia dell’arte moderna, intimamente legato al surrealismo per le influenze che artisti e poeti di questo movimento hanno esercitato su di lui negli anni venti e trenta.
Attraverso di loro, Miró sperimentò l’esigenza di una fusione tra pittura e poesia e un processo di semplificazione della realtà che rimandava all’arte primitiva che portò anche l’artista a ideare un nuovo vocabolario di simboli e a sperimentare nuovi materiali e procedure innovative.
Personalmente la parte che più mi affascina del lavoro di Miró è la prima, quella che vediamo in mostra invece è la seconda parte della sua ricerca, ma comunque, in un percorso cronologico, sono esposte opere notevolissime.
Disegni, dipinti con le inconfondibili sgocciolature d’inchiostro nero sui gialli, blu e rossi brillanti. Le donne, i personaggi con uccello e le sorprendenti sculture che rimandano a Picasso.
In mostra abbiamo incontrato il curatore italiano Francesco Poli.
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