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Italicum, la battaglia per il referendum

L’Italicum è una minaccia per la democrazia. Non usano mezzi termini i promotori del referendum contro la nuova legge elettorale per cui è partita la raccolta di firme.

Mentre mancano pochi giorni alla consultazione sulle trivellazioni, e mentre Matteo Renzi prepara la sfida più importante per la sua carriera politica, il referendum sulla riforma costituzionale, comincia un’ altra battaglia che ha molto a che fare con quella contro il DDL Boschi.

Nel documento del comitato promotore, che porta la firma di Stefano Rodotà, Massimo Villone, Alfiero Grandi e Silvia Manderino, si ricorda che il sistema di voto, lungi dall’essere pura questione tecnica, è il principale strumento attraverso il quale si realizza un ordinamento rappresentativo e viene data concretezza all’articolo costituzionale secondo il quale “la sovranità appartiene al popolo”. I promotori ricordano come la Corte Costituzionale abbia bocciato nel 2014 la legge Calderoli, il famoso Porcellum, in due punti fondamentali: le liste bloccate (gli elettori devono avere il diritto di scegliere esprimendo almeno una preferenza) e il premio di maggioranza attribuito alla minoranza vincente senza una soglia minima di voti da ottenere. Ebbene, secondo il comitato promotore la necessità di un referendum sull’Italicum nasce proprio dal fatto che questa legge in sostanza aggira la pronuncia della Consulta e ripropone esattamente gli stessi problemi del Porcellum.

Due sono infatti i quesiti per cui si raccolgono le firme. Il primo ha a che fare con le liste: è vero che nell’Italicum non saranno più bloccate, spiegano Rodotà e soci, lo saranno solo i capilista. Ma, avendo creato 100 collegi molto piccoli, è realistico pensare che i partiti riescano a far entrare in Parlamento quasi solo le teste di lista, dunque i nomi scelti (e blindati) dalle segreterie. Alla Camera insomma andrebbero molti “nominati” e pochi deputati effettivamente scelti dai cittadini con le preferenze.

Il secondo quesito chiede la cancellazione del premio di maggioranza senza una soglia minima. Anche qui, l’Italicum aggira il problema e per di più lo aggrava, secondo il parere dei giuristi che promuovono il referendum. Il premio verrebbe dato a chi prende almeno il 40%, ma se nessuno ce la facesse si andrebbe a un ballottaggio, dove la soglia non esisterebbe più. Parliamo inoltre di partiti, e non coalizioni: così si rischierebbe una forte distorsione tra la volontà dei cittadini e i seggi in Parlamento, perché a un singolo partito che – poniamo – prendesse il 35% al primo turno ma poi vincesse il ballottaggio verrebbe dato un premio tale da fare man bassa dei seggi, nonostante non abbia fatto man bassa dei voti.

La battaglia contro l’Italicum è legata a doppio filo con quella contro il DDL Boschi, che sarà sottoposto a referendum confermativo perchè non ha ottenuto la maggioranza qualificata dei voti in Parlamento. Chi critica l’impianto di riforme istituzionali voluto dal Governo Renzi ritiene infatti che il combinato disposto tra un Senato non elettivo e una Camera eletta con l’Italicum (con le criticità che i promotori del referendum segnalano nel documento che abbiamo visto) possa rompere l’equilibrio della democrazia italiana.

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