- Play
-
Tratto dal podcast
Fino alle otto di mer 18/03 (terza parte)
Coronavirus | 2020-03-18
Il primo cittadino di Segrate, Paolo Micheli, racconta a Radio Popolare la situazione nel comune alle porte di Milano e parla delle difficoltà che i cittadini e l’amministrazione stanno affrontando in queste settimane tra intere famiglie in quarantena, concittadini ricoverati in ospedale e una parte della popolazione più giovane che fa fatica ad adattarsi alle misure restrittive.
L’intervista di Serena Tarabini a Fino Alle Otto.
Com’è la situazione nel vostro comune?
Purtroppo ieri abbiamo avuto un secondo deceduto. Ci sono diversi miei concittadini che si trovano in ospedale in una situazione drammatica. Li stiamo monitorando insieme alle autorità sanitarie e le famiglie, stiamo cercando di capire come procedono le loro vite in ospedale.
Ufficialmente a Segrate ci sono una ventina di cittadini con coronavirus, ma le informazioni che ci danno i medici di base sono un po’ diverse: probabilmente i numeri sono un po’ più alti. E poi c’è una quantità di persone in quarantena. Noi registriamo spavento e molta agitazione in tutte le famiglie colpite da questa malattia. Dall’altro lato riscontriamo degli atteggiamenti di superficialità. È complicato per noi sindaci cercare di costringere la popolazione, soprattutto i più giovani, a rimanere a casa.
Continuo a pensare che la persuasione sia più utile delle sanzioni. Oggi la cosa che deve starci a cuore è la nostra vita, ma i ragazzi fanno un po’ fatica a capirlo. Andiamo in giro coi megafoni per dire alle persone di rimanere a casa. Credo ci sia anche una responsabilità della politica. All’inizio, quando è arrivata la prima ondata di questo virus, la politica avrebbe dovuto dare fin dal principio regole stringenti. E invece ci stiamo arrivando passo dopo passo. Non voglio giustificare questi atteggiamenti, ma arrivandoci passo dopo passo questa cosa potrebbe aver generato un po’ di confusione. Siamo arrivati un po’ tardi alla chiusura totale e forse all’inizio il messaggio è stato un po’ confuso. Io ogni giorno chiamo le famiglie che sono in quarantena o i loro parenti. Ieri ho chiamato una famiglia per sapere come stava il padre e mi hanno risposto con voce rotta che era appena morto. Noi non eravamo ancora stati avvistati, è stato sconvolgente anche per me. Ho chiamato un anziano che si trovava in ospedale per COVID-19, piangeva a dirotto perché la moglie malata di tumore aveva preso il COVID-19 in un altro ospedale. Non la vede da due settimane, non aveva sue notizie da giorni e ad un certo punto è arrivata una chiamata dall’altro ospedale dicendogli che avrebbero dimesso la moglie perché avevano bisogno di posti letto. Era disperato perché la moglie non è in grado di stare da sola e mi chiedeva un supporto.
Ho chiamato un’altra famiglia di un ammalato che si trova in ospedale per capire com’era la situazione e ho scoperto che una signora di 86 anno era rimasta da sola e che non stava mangiando da tre giorni. Il dramma di questa malattia è davvero complesso e va a colpire in maniera profonda la parte più fragile della nostra popolazione. Questo è davvero il tempo della responsabilità, è il momento di mettere da parte i nostri egoismi.
Anche lei è sottoposto a questo regime restrittivo. Come fa a conciliare i suoi impegni da amministratore con queste limitazioni?
A Segrate abbiamo contingentato il personale e attivato lo smart working per tutti i casi in cui era possibile. L’edificio del comune è abbastanza svuotato e portiamo avanti quelle che sono le funzioni essenziali.
Io continuo ad andare in comune insieme ai collaboratori più stretti, ma quello che faccio è anche cercare di aggiornare la popolazione su quello che sta succedendo. Cerco di fare da megafono delle informazioni per raccontare la complessità e la delicatezza del momento. Sono in isolamento sia a lavoro che a casa.
Foto dalla pagina Facebook del sindaco di Segrate Paolo Micheli