![Irlanda del Nord - Prlamento](https://www.radiopopolare.it/wp-content/uploads/2023/03/Progetto-senza-titolo-1.jpg)
Tra poco più di un mese, il 10 aprile, sarà il 25esimo anniversario degli accordi di pace in Irlanda del Nord. Gli accordi del Venerdì Santo, che chiusero un lungo periodo di guerra civile, i famosi Troubeles, i Disordini, cominciati alla fine degli anni ’60 ma con radici storiche molto più profonde.
L’intesa manteneva il Nord Irlanda all’interno del Regno Unito – seppur con la possibilità di un referendum per l’indipendenza che ancora non si è tenuto – e prevedeva un particolare meccanismo costituzionale: un governo condiviso, nel quale dovevano coabitare i partiti più votati e soprattutto i principali partiti delle due principali comunità, quella nazionalista-cattolica – da sempre a favore di un’Irlanda unita – e quella unionista-protestante – da sempre ferma su un solido legame con Londra. Le istituzioni autonome di Belfast hanno sempre operato a singhiozzo. In questi 25 anni ci sono state tante crisi e spesso il veto di una forza politica ha bloccato tutto e la provincia è stata governata direttamente da Londra. Sta succedendo anche in questo momento, proprio per la contrarietà del principale partito unionista-protestante, il DUP, il Partito Democratico Unionista, alle norme che regolano lo status dell’Irlanda del Nord dopo la Brexit.
Ora quelle norme sono state cambiate. Devono ancora essere approvate dal parlamento britannico ma molto probabilmente il voto sarà una formalità.
L’approvazione del DUP diventa però fondamentale per far ripartire quelle istituzioni autonome ferme, come abbiamo detto, da anni.
Tutte le altre formazioni politiche nord-irlandesi hanno accolto con favore l’accordo tra Londra e Bruxelles raggiunto dal primo ministro britannico Sunak. Ma il DUP ha preso tempo e non è ancora chiaro quando si pronuncerà. La sua è una storia di dura opposizione, di posizioni estreme, di arroccamenti. Nel 1998 il partito, allora guidato dal carismatico Reverendo Paisley, non firmò nemmeno gli accordi del Venerdì Santo. Ma negli anni successivi accettò poi di andare al governo con Sinn Fein, che è stato il braccio politico dell’IRA.
Oggi Sinn Fein è il primo partito in Irlanda del Nord – e in realtà anche nella Repubblica d’Irlanda – e si è subito pronunciato a favore dell’ultimo accordo Londra-Bruxelles. “Non ci è quasi mai capitato – ha detto la leader nord-irlandese del partito, Michelle O’Neill – ma siamo d’accordo con il governo britannico, questa è un’occasione da non perdere”. Alcuni esponenti del Partito Democratico Unionista si sono pronunciati a favore. Altri contro. Il leader, Jeffrey Donaldson, ha detto che il dossier verrà studiato con calma. L’esito non è scontato.
Il sostegno alle nuove norme da parte delle imprese e dei rappresentanti della comunità economica nord-irlandese saranno un elemento chiave. Rispetto all’accordo siglato con Bruxelles da Boris Johnson nel 2019, molti beni che entreranno in Irlanda del Nord dal resto del Regno Unito non dovranno essere controllati, a meno che non debbano viaggiare poi nella Repubblica d’Irlanda, quindi territorio UE. Il Nord Irlanda rimane all’interno del mercato unico europeo. Sunak ha detto espressamente che rimanendo agganciata al mercato britannico, così come a quello europeo, questa regione attrarrà grandi investimenti internazionali.
Lo stesso governo americano, storicamente molto attento a quello che succede in Irlanda, ha detto che l’approvazione dell’accordo, così come il ritorno alle istituzioni autonome nord-irlandesi saranno determinanti per rilanciare i negoziati per un trattato di libero scambio tra Washington e Londra. Una delle priorità dei britannici dopo la Brexit e un ulteriore elemento di pressione sugli unionisti-protestanti nord-irlandesi.
Sulle questioni normative l’ultima parola sarà però sempre della Corte Europea di Giustizia. Per chi vorrebbe dipendere solo da Londra cosa non facile da digerire.
Dall’esito di questa vicenda dipenderà il futuro, almeno sul medio periodo, degli accordi di pace del 1998.