Diana King ha 71 anni, Colette Devlin ne ha 68, Kitty O’Kane 69. Lunedì 23 maggio si sono presentate alla polizia della loro città, Derry, chiedendo di essere arrestate per aver aiutato alcune giovani donne nord-irlandesi ad abortire.
Tutte e tre sono attiviste della campagna contro le leggi restrittive dell’Irlanda del nord per cui l’aborto è illegale, salvo quando la salute della donna è a rischio. In caso di stupro, incesto o malformazione del feto, l’aborto non è consentito. Sono leggi ormai vecchie di 155 anni.
Non è così nel resto del Regno Unito: in Inghilterra, Scozia e Galles una donna può abortire sia per via chirurgica, sia tramite pillole abortive, fino a nove settimane dall’inizio della gravidanza. Le pillole possono essere comprate dietro prescrizione medica.
Le donne nord-irlandesi possono andare ad abortire in Inghilterra ma non possono usufruire del servizio sanitario nazionale britannico: devono pagare un medico privatamente. In più devono procurarsi i soldi per coprire le spese di viaggio e di soggiorno durante l’aborto. Il tutto può costare fra i 1700 e i 3200 euro: una cifra che molte non hanno.
Secondo le statistiche ufficiali, 800 donne nord-irlandesi hanno viaggiato in Inghilterra lo scorso anno per abortire, mentre gli ospedali nord-irlandesi hanno praticato solo 16 aborti.
Chi non ha i soldi, ha un’alternativa che però è illegale: comprare la pillola abortiva on-line (costa circa 70 euro) e farsela spedire a casa per posta. Ma se la polizia nord-irlandese intercetta la spedizione, la donna rischia una condanna penale.
Così Diana, Colette e Kitty si sono fatte spedire al proprio indirizzo le pillole abortive, per poi consegnarle alle donne che ne avevano bisogno. Per questo si sono auto-denunciate. Sanno che si espongono a una condanna penale, ma data la loro età e il fatto che ormai sono in pensione, il rischio non le disturba più di tanto.
I poliziotti per il momento le hanno interrogate e poi mandate a casa. Sarà la magistratura a decidere se ci sarà un’azione penale nei loro confronti. Fuori dalla stazione polizia, accompagnate da altri attivisti pro-aborto – hanno dichiarato che in Irlanda del Nord la legge non è uguale per tutti.
Nessuno ha niente da obiettare se una donna ha abbastanza soldi per andare in Gran Bretagna ad abortire. Ma se una donna non ha soldi e cerca di abortire in Irlanda del Nord, diventa una criminale.
Da anni le attiviste si battono perché l’UK Abortion Act del 1967 sia esteso anche all’Irlanda del Nord. Dato che questo non avviene, le attiviste chiedono di essere arrestate, nella speranza di attirare l’attenzione dell’opinione pubblica sull’ingiustizia della legge nordirlandese.
Lo scorso giugno 200 persone in Irlanda del Nord firmarono una lettera aperta auto-denunciandosi per aver preso la pillola abortiva o per aver aiutato altre donne a procurarsela. Chiedevano di essere arrestate, ma la polizia ha ignorato la provocazione. Dunque Diana, Colette e Kitty hanno deciso di fare un passo ulteriore, presentandosi direttamente alla stazione di polizia di Derry.
Lo scorso 4 aprile, una 21enne di Belfast è stata condannata a 3 mesi di prigione (pena poi sospesa) per essersi procurata la pillola abortiva via internet nel 2014, quando aveva 19 anni. La ragazza era stata scoperta perché il feto abortito era stato trovato nella spazzatura dai suoi coinquilini.
La giovane nelle settimane precedenti aveva cercato di trovare i soldi per viaggiare in Inghilterra e abortire in una clinica, ma non era riuscita a raccoglierne abbastanza. Aveva dunque comprato la pillola via internet, su consiglio della clinica stessa.
E’ stato questo caso a spingere le tre attiviste ad agire. E’ probabile però che non siano perseguite perché – hanno dichiarato alla stampa britannica – i giudici “non vogliono donne come noi a processo. Vogliono donne sole, deboli e isolate, che vengono perseguite perché denunciate da qualcuno”.