202In questi giorni Europa e Stati Uniti hanno adottato le misure legislative necessarie per rimuovere le sanzioni all’Iran, come prevedeva l’accordo sul nucleare siglato lo scorso luglio a Vienna. Formalmente, l’embargo non verrà comunque rimosso fino a quando l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica non avrà verificato l’applicazione dell’intesa da parte iraniana. Un processo che richiederà ancora qualche mese. Nove anni di sanzioni hanno colpito duramente l’Iran e il suo sviluppo economico. I settori che hanno avuto i maggiori problemi sono quello energetico e quello bancario, ma il blocco delle transazioni finanziarie ha messo in crisi anche molte altre attività.
LA SANITA’ – Un caso emblematico riguarda la sanità e di conseguenza la salute degli iraniani. L’embargo non ha colpito direttamente il settore farmaceutico, ma l’impossibilità di fare acquisti sul mercato internazionale, in questo caso farmaci e additivi chimici per la loro composizione, ha fatto sparire dal mercato interno una serie di medicine e ha provocato l’aumento dei prezzi di tutte le altre. Per far fronte a questa emergenza il governo ha messo in campo un sistema assistenziale, soprattutto per le persone più in difficoltà. A Tehran, per esempio, ci sono quattro grosse farmacie pubbliche dove si vendono farmaci a prezzi calmierati per chi ha malattie gravi oppure problemi economici. In questo modo le autorità sono riuscite a placare la rabbia dei cittadini per una situazione che rischiava di diventare ingestibile.
La farmacia 13 Aban, nel centro di Tehran, ospita ogni giorno migliaia di persone. La gente aspetta pazientemente il suo turno. A volte anche per alcune ore. “Le medicine di cui abbiamo bisogno le troviamo solo qui – ci racconta una signora anziana in compagnia del marito. Abitiamo dall’altra parte della città, il viaggio è molto lungo, ma non abbiamo alternative. Prima di venire qui dobbiamo fare domanda in un altro ufficio e poi dare un’ultima conferma”. Chi ha pagato il prezzo delle sanzioni spera che le cose tornino presto alla normalità, anche se al momento c’è ancora molta cautela. “Ho un problema alle ossa – ci spiega una signora di mezza età – e devo seguire una cura particolare, con dei prodotti che non si trovano molto facilmente. Nonostante lo sconto per il mio reddito pago ancora molto, anche per questo vorrei che venisse rimosso al più presto l’embargo internazionale”.
I FARMACI – Secondo i dati del ministero della sanità, fino allo scorso luglio le sanzioni avevano tolto dal mercato iraniano circa ottanta medicinali. Almeno venti sostituiti da nuovi farmaci. Il direttore della farmacia 13 Aban, Kheirollah Gholami, ci spiega quello che è successo: “La carenza di medicine dal nostro mercato è conseguenza diretta del blocco finanziario, che non ci permette di muovere fondi e di comprare dall’estero. Si tratta soprattutto di farmaci di alta qualità, come quelli per curare i tumori, che richiedono una tecnologia particolarmente avanzata”. In realtà spesso mancano anche farmaci di base.“Si tratta di medicinali che abbiamo sempre prodotto qui in Iran – ci racconta Kheirollah Gholami – ma per i quali non siamo più riusciti a importare i solventi chimici necessari per la loro composizione. In generale i nostri prodotti hanno i requisiti di base per andare sul mercato, ma rispetto ai medicinali delle grandi compagnie internazionali, come Pfizer o Novartis, il livello è più basso”.
A causa dell’embargo l’industria farmaceutica iraniana ha dovuto quindi aumentare e migliorare la sua produzione. Un processo non facile, che però in alcuni casi ha valorizzato le eccellenze di questo paese. L’esempio più significativo è quello di CinnaGen, la prima compagnia farmaceutica di tutto il Medio Oriente per le biotecnologie, che fa soprattutto farmaci per la sclerosi multipla, il cancro, l’infertilità, l’osteoporosi. La sede principale è a Karaj, una grossa città a un’ora di macchina da Tehran. Qui fanno tutto, dalla ricerca alla produzione finale. “L’embargo ha colpito soprattutto i nostri rifornimenti – ci dice il responsabile della qualità di CinnaGen, Alireza Hosseini. Il blocco ci ha impedito di trattare direttamente con i nostri fornitori tradizionali. Abbiamo dovuto fare ricorso a degli intermediari. Ogni acquisto richiede cinque o sei passaggi, con un aumento dei costi, per noi e per chi deve comprare i nostri prodotti”.
Il lavoro che viene fatto qui è molto delicato. Dietro a ogni farmaco c’è un lavoro complesso. Non a caso CinnaGen venne fondata nel 1993 ma il suo primo prodotto uscì solo nel 2006, tredici anni dopo. “La ricerca è la base del nostro successo – ci spiega ancora Alireza Hosseini, mentre ci accompagna nei laboratori dell’azienda. Ma le sanzioni ci impediscono di mantenere rapporti quotidiani con le compagnie farmaceutiche occidentali che fanno prodotti innovativi e con le quali ci eravamo sempre confrontati sulle ultime scoperte della ricerca scientifica”. Il successo di CinnaGen mette in luce anche le contraddizioni dell’embargo studiato dall’Occidente per convincere l’Iran a fermare il suo programma nucleare. Alireza Hosseini ci racconta che la qualità delle loro medicine è sempre rimasta la stessa, anche grazie all’utilizzo di macchinari occidentali. Le macchine usate nei laboratori di CinnaGen sono tutte tedesche, tranne un grosso liofilizzatore americano: “Il liofilizzatore serve per portare i farmaci allo stato finale. Arriva dagli Stati Uniti. Lo abbiamo comprato attraverso diversi intermediari, ma la casa madre lo sa. Può essere usato anche in altri settori – aggiunge il responsabile qualità di CinnaGen – anche nell’industria nucleare, sempre per rimuovere i solventi”.
SMOG E SALUTE – La valorizzazione delle eccellenze però non è generalizzata .C’è un altro caso di sanzioni nascoste che merita attenzione, visto che riguarda la salute dei cittadini iraniani. L’Iran ha sempre esportato petrolio e importato benzina, ma con l’embargo il paese ha dovuto fare ricorso al suo sistema di raffinazione, un sistema di pessima qualità, che ha provocato un aumento dell’inquinamento dell’aria. L’industria energetica, potenzialmente la prima al mondo, ammette i suoi limiti. Ce lo spiega molto bene Khosrow Jerdi, direttore della compagnia petrolifera Nakhle Baharestan Pardis, che andiamo a trovare nel suo ufficio di Tehran, tapezzato con mappe dei giacimenti di gas e petrolio del paese: “La nostra benzina non ha la stessa qualità di quella prodotta in Europa. Siamo circa vent’anni indietro.
Nella raffinazione abbiamo bisogno di additivi che è molto difficile importare, per questo il nostro carburante non è particolarmente pulito ed è dannoso per la salute delle persone”. Dall’inizio di quest’anno il governo Rouhani ha iniziato a spostare il processo di raffinazione dagli impianti petrolchimici a vere e proprie raffinerie. Per migliorare la qualità dell’aria ci vorrà comunque del tempo. L’inverno scorso, proprio per gli alti livelli d’inquinamento, le autorità di Tehran sono state costrette più volte a chiudere scuole e uffici pubblici e a ordinare agli abitanti di non uscire di casa. “L’inquinamento – ci spiega Ali Jamshidi, ricercatore in Ecologia – non riguarda solo Tehran, dove vivono fino a venti milioni di persone. È un problema anche per molte altre città. E poi non è solo colpa delle automobili. Vengono usati prodotti petrolchimci anche nelle aziende e nelle abitazioni. Inevitabile che l’aria sia di pessima qualità”. Secondo fonti del ministero della sanità solo a Tehran, per problemi alle vie respiratorie, morirebbero ogni anno tremila persone. L’embargo ha sicuramente costretto il governo iraniano ad accettare un compromesso sul nucleare, ma il prezzo lo stanno pagando i suoi cittadini.
Ascolta il reportage di Emanuele Valenti da Tehran sulle sanzioni nascoste.