La tensione tra Iran e Israele è ormai alle stelle. Due giorni fa il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha mostrato in conferenza stampa dei documenti riservati che proverebbero il mancano abbandono dei progetti nucleari dell’Iran nonostante l’accordo con la comunità internazionale.
L’Iran ha negato ogni addebito e accusato Netanyahu di essere un “famoso bugiardo“, mentre gli Stati Uniti sono sempre più convinti di voler uscire dall’accordo. Oggi al Demone Del Tardi abbiamo intervistato l’americanista Mario Del Pero, docente di Scienze Politiche all’Università di Parigi, che ha fatto un po’ di chiarezza sulle vere intenzioni degli Stati Uniti in questa nuova crisi.
Che obiettivo ha l’amministrazione Trump con una dichiarazione del Segretario di Stato Mike Pompeo che dà ragione a un più che aggressivo Netanyahu?
Credo che questo renda il dossier iraniano quello più pericoloso nel contesto internazionale corrente. Agiscono ragioni di ordine ideologico, il convincimento che non si può negoziare e che sia stato un errore negoziare con l’Iran perchè l’Iran è inaffidabile e pericoloso, agiscono considerazioni che per semplicità potremmo definire di ordine geopolitico, la volontà di ripristinare una politica di alleanze mediorientale centrate su alcun relazioni speciali con Israele e Arabia Saudita, nemici storici dell’Iran, e agiscono anche considerazioni di ordine politico, perchè l’Iran rimane impopolare negli Stati Uniti, in particolare presso quell’opinione pubblica conservatrice da cui dipende il sostegno di Trump e, in una certa misura, anche in prospettiva la sopravvivenza politica di Trump.
Chi sta guidando questo processo, gli Stati Uniti oppure Israele e l’Arabia Saudita?
Io credo che ci sia una convergenza di interessi forti tra una destra statunitense e una destra israeliana. Gli Stati Uniti oggi guardando al Medio Oriente in modo diverso rispetto al passato, perchè quel Medio Oriente è meno centrale e meno importante, nel senso che gli Stati Uniti hanno ridotto la loro dipendenza dalle fonti energetiche mediorientali. Il Medio Oriente è importante in quanto problema e minaccia, e quindi gli Stati Uniti vogliono che ci sia una stabilizzazione dell’area nella quale un ruolo cruciale venga svolto da Israele e dall’Arabia Saudita anche in funzione del contenimento di una potenza iraniana che si è allargata nell’ultimo decennio in conseguenza degli errori straordinari compiuti dagli Stati Uniti con l’intervento in Iraq, e in conseguenza della catastrofe siriana. C’è una volontà di usare dei proxie come Israele e l’Arabia Saudita in funzione stabilizzatrice. Questo credo sia l’interesse geopolitico primario degli Stati Uniti rispetto a un Medio Oriente che, ripeto, non è così centrale come in passato.
L’ipotesi guerra possiamo provare a scongiurarla nei confronti dell’Iran?
Non sono un esperto di questioni militari, però temo che non possa essere del tutto escluso, non possono essere esclusi degli interventi mirati, dimostrativi o punitivi purtroppo. La bislacca conferenza stampa di Netanyahu dell’altro ieri è servita anche a dimostrare all’Iran che Israele ha una capacità di penetrare e di raccogliere intelligence dentro all’Iran che l’Iran probabilmente non immaginava. È stato un monito, quasi una minaccia, una dimostrazione di forza. Il rischio di una escalation è molto alto, questo rende il dossier iraniano il dossier più pericoloso sul tavolo delle relazioni internazionali correnti.