Renzi prepara l’assemblea nazionale del Pd di domenica prossima. Nelle ultime ore ha cambiato un paio di volte idea sulla strategia da utilizzare. In questo momento è tornato a essere convinto di mettere ai voti un ordine del giorno che fissi la data di primarie e congresso. In precedenza era stato tentato da un approccio più soft, rimandando tutto a Gennaio. Rimane aperta la questione di come si presenterà ai mille delegati dell’Hotel Ergife: da segretario in carica o da dimissionario, come è stato ipotizzato da ambienti renziani nei giorni scorsi?
Intanto, se si chiede ai bersaniani “come potete sostenere il congresso senza un candidato forte?” la risposta è “la persona giusta ce l’abbiamo ma il nome non lo facciamo per motivi di opportunità”.
In realtà una figura è cresciuta: quella di Michele Emiliano. Il presidente della Regione Puglia non è un bersaniano, piuttosto è ben visto da Massimo D’Alema, però gode della considerazione di rappresentanti importanti della componente più numerosa tra le minoranze Pd, a partire da Roberto Speranza.
Emiliano, è il calcolo, consentirebbe di sfruttare l’onda del risultato del referendum al Sud, dove la quantità di elettori Pd che hanno votato No ha raggiunto punte del 30 per cento. Emiliano potrebbe rappresentare il partito del Sud contro un Renzi che, sempre risultati del referendum alla mano, si è consolidato nel Pd del Nord.
Domenica mattina, in contemporanea all’assemblea nazionale Pd, la parte di Sel che non è d’accordo con la confluenza in Sinistra Italiana terrà un’assemblea pubblica a cui sono stati invitati anche Emiliano e Speranza.
La partita della segreteria la gioca anche il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi. Ambienti a lui vicini ipotizzano un possibile ticket per sfidare Renzi: Rossi alla segreteria Pd, Emiliano al Governo. Una soluzione che, per essere portata al congresso, dovrebbe passare attraverso un accordo coi bersaniani.
Sembra prematuro, anche se “dopo il 4 dicembre tutti parlano con tutti”.
Le regole del congresso saranno importanti. Potranno, ad esempio, dire se candidature multiple saranno convenienti oppure se sarà più utile, per le minoranze, cercare di convergere su un nome unico fin da subito. “Il congresso in tempi brevi rischia di mandare in pezzi il partito” ripete intanto nei corridoi più di un anti renziano.