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- Tratto dal podcast Fino alle otto |
La legge italiana considera lo stupro un reato solamente nel caso in cui sussistano elementi di violenza, di minaccia, di inganno o di abuso di autorità. Non viene contemplata la possibilità di un rapporto sessuale senza consenso ed è per questo motivo che Amnesty International Italia ha lanciato la campagna #IoLoChiedo.
Ne abbiamo parlato a Fino Alle Otto con Tina Marinari, coordinatrice campagne per Amnesty International Italia. L’intervista di Sara Milanese.
Cosa chiedete al Ministero della Giustizia con la vostra campagna?
Chiediamo la modifica della legge. Chiediamo che il diritto nazionale si adegui al diritto internazionale e che l’articolo 609 bis del Codice Penale si adegui all’articolo 36 della Convenzione di Istanbul cambiando completamente il punto di vista: ogni volta che bisogna giudicare uno stupro bisogna parlare di consenso della vittima, di chi quella violenza la subisce e chiarire quindi se ha fornito o meno il proprio consenso al rapporto sessuale. Questa mentalità va cambiata sia dentro le aule che fuori.
La Convenzione di Istanbul è stata sottoscritta dall’Italia ormai da diversi anni. Perché la normativa italiana non è stata ancora adeguata?
La Convenzione è stata sottoscritta dall’Italia nel 2011 e ratificata nel 2012. Alcuni passaggi e articoli sono stati messi in vita anche in Italia, ma quando si parla di stupro è sempre tutta un’altra storia. Sfortunatamente quando in Italia parliamo di stupro abbiamo una serie di stereotipi e falsi miti legati alla violenza sessuale contro le donne che dobbiamo riuscire a smontare. Il problema non è solo legislativo, ma proprio culturale. Ogni volta che una donna prova a denunciare uno stupro deve affrontare tutta una serie di difficoltà, a cominciare dalla serie di domande che vengono poste nel momento in cui parte la denuncia. Come era vestita? Che atteggiamenti aveva avuto precedentemente a quella violenza? Una serie di falsi miti che vanno scardinati passo passo. Quando riusciremo a far capire dentro e fuori le aule di giustizia e dentro a fuori il Parlamento che parlare di stupro vuol dire parlare di consenso e vuol dire che quel consenso non viene fornito, solo allora riusciremo finalmente a cambiare le cose.
Come cercherete il dialogo col governo e col Ministero della Giustizia?
Vogliamo fare un lavoro di squadra, come abbiamo fatto nei mesi prima del lancio della campagna incontrando tantissime associazioni che si occupano di violenza contro le donne. L’unico modo è lavorare sulla mentalità delle persone e far sentire che non è una richiesta esclusiva di Amnesty, ma di tutti gli italiani che chiedono che finalmente le donne e gli uomini vengano trattati alla pari e che il corpo delle donne non venga più visto come un qualcosa a disposizione della volontà maschile. Faremo incontri di pressione con le associazioni, lavoreremo nelle scuole e faremo incontri pubblici in giro per l’Italia.
(Potete ascoltare l’intervista a partire dal minuto 45)