Il tono paradossale, caotico e spigoloso del primo graphic novel di Lina Ehrentraut è evidente fin dalle prime pagine. Da un risvolto e un risguardo psichedelici, l’autrice tedesca passa immediatamente a dei disegni in bianco e nero intensi, con contorni frastagliati e prospettive sgangherate, che si accompagnano a un lettering sgraziato e quasi tagliente. Uno stile decisamente espressivo e alternativo che attraversa tutto il romanzo: una storia fantascientifica e paradossale che sovrappone la questione della ricerca dell’identità a quella dell’educazione sessuale e sentimentale da un punto di vista queer.
La protagonista, Nici, è una scienziata determinata a esplorare dei mondi paralleli grazie alla sua invenzione, che le permette di trasferire la sua coscienza in un corpo ideale, creato da lei e chiamato Melek, per iniziare un viaggio extra-dimensionale. Un viaggio che non la porterà in chissà quale mondo ipertecnologico o futurista ma in una copia quasi conforme al suo, dove incontra e si innamora di se stessa, vivendo nell’arco di qualche ora una storia passionale e travolgente. In questa dimensione parallela, Nici non è una scienziata concentrata sul lavoro ma una barista che vive alla giornata, disordinata e con un senso della moda decisamente pop-trash, al contrario della protagonista, che ama vestirsi di nero e vive in modo minimalista. I vestiti di Nici sono stati realmente disegnati dall’autrice, che li indossa volentieri e li considera come un’estensione della propria identità.
Come si suol dire, gli opposti si attraggono. Ma Nici e Melek sono davvero due versioni completamente diverse della stessa persona? O sono solo il risultato di scelte e condizioni diverse che hanno portato l’una e l’altra a sviluppare certi tratti della propria personalità più che altri? Innamorarsi di se stessa non è forse un modo di riscoprirsi e rivalutare il proprio percorso e il proprio io, riconciliandosi con i propri pregi e difetti?
Mentre la trama lascia affiorare questi quesiti esistenziali, il romanzo di Ehrentraut guida il lettore verso un’esplosione di emotività e di erotismo inserendo tra quelle in bianco e nero delle tavole coloratissime, che con dei tratti materici e intensi, senza contorni, provocano i sensi. Un’operazione artistica che ricorda quelle di Kandinsky, che diceva: “Il colore è il mezzo di esercitare sull’anima un’influenza diretta. Il colore è un tasto, l’occhio il martelletto che lo colpisce, l’anima lo strumento dalle mille corde”.
Insomma, Nici e Melek si mettono a nudo. E non solo spiritualmente. Come l’autrice ha tenuto a specificare negli anni, le scene di sesso tra le due protagoniste sono volutamente esplicite perché dare spazio e visibilità alla sessualità queer è importante anche nei fumetti. Soprattutto se a farlo sono autori e autrici che non hanno una sensibilità e un punto di vista etero e/o cisgender.
Io e Melek. Di Lina Ehrentraut. Traduzione di Valeria Beggiato. 256 pagine a colori. Canicola edizioni. 20 euro.
Nata a Neuss, Lina Ehrentraut da anni vive a Lipsia, dove ha studiato illustrazione all’Accademia di Belle Arti (l’HGB, frequentata anche da Anna Haifisch). Il suo progetto di tesi era una prima versione di Io e Melek che comprendeva anche taglio e cucito dei vestiti indossati dai personaggi.