La manifestazione di Milano contro l’apertura del centro per i rimpatri dei migranti è stata una manifestazione fatta di persone perlopiù lontane dai partiti e stanche dell’immobilismo della sinistra.
20 mila per gli organizzatori, qualcuna in meno in realtà, ma non era scontato un risultato così oltre le aspettative degli organizzatori. Una manifestazione nei giorni scorsi ignorata dai media, cresciuta nelle scorse settimane tra assemblee e incontri offline, poi anche su Facebook.
Un corteo senza alcuna ambiguità: chi era in piazza ieri a Milano aveva protestato anche due anni fa contro i centri di detenzione in Libia e l’istituzione dei CPR fatta dall’ex ministro PD Minniti. C’erano allora e ci sono stati oggi, con la consapevolezza che però tutto sta peggiorando.
Qualche bandiera di partito c’era, Rifondazione Comunista, Possibile, Liberi e Uguali, Potere al Popolo. Non c’era il PD e l’amministrazione del sindaco Sala ha sostanzialmente ignorato questa mobilitazione che è stata poco supportata anche dalla rete Insieme Senza Muri vicina all’assessore ai servizi sociali Pierfrancesco Majorino, da sempre contrario alla riapertura del CPR. Molte delle associazioni che fanno parte di Insieme Senza Muri hanno però aderito ed erano presenti al corteo.
È stata una manifestazione per nulla istituzionale, ma non antagonista. I centri sociali c’erano, mischiati alle 200 associazioni che hanno dato la loro adesione al corteo. Tra queste, tante sono associazioni cattoliche. C’erano gli insegnanti delle scuole d’italiano per stranieri, gli operatori dei centri d’accoglienza, i sindacati di diverse categorie. Tanti gli studenti, lo spezzone d’apertura: è stato un corteo con un’età media bassa. Una generazione abituata a viaggiare per il mondo senza problemi che ritrova a crescere in un Paese che chiude i confini.
Due i prossimi obbiettivi di chi ha promosso questa giornata: impedire l’apertura del CPR a Milano ed estendere la protesta a livello nazionale. La cornice è quella del decreto sicurezza-immigrazione che nei giorni scorsi l’Anpi ha definito “apartheid giuridico”. Obbiettivi ambiziosi quelli che si sono dati gli organizzatori di questa campagna NO CPR e difficili da realizzare visto il consenso di cui gode questo Governo. Una popolarità che sembra raccontare un paese senza opposizione. Sembra.