“Non era solo mia figlia, ma anche un’amica, un compagna di lotte”. Sono le parole di Flores, la madre di Berta Càceres, nei giorno dei suoi funerali. Si sono svolti a La Esperanza, a 200 chilometri dalla capitale Tegucicalpa, in Honduras. Berta aveva compiuto da poco 45 anni. E’ stata uccisa nella notte tra il 2 e il 3 marzo.
Questa la ricostruzione del fratello: “Due killer sono entrati nella casa di mia sorella. Lei, sentendo i rumori, si è svegliata e ha cercato di difendersi, ma gli hanno spezzato un braccio e una gamba. Poi hanno sparato otto colpi di pistola”.Per la polizia si tratta di una rapina finita male, ma Flores,la madre di Berta, accusa il governo: “Non ho alcun dubbio che sia stata uccisa a causa della sua lotta e che i soldati e la gente della diga siano responsabili. Ne sono sicura. Ritengo il Governo honduregno responsabile”.
Berta Cáceres, nel 2015, aveva ricevuto il premio Goldman, uno dei più prestigiosi al mondo sui temi ambientali, per la sua collaborazione nella difesa del territorio Lenca (dove si trova uno dei popoli più antichi del Centro America, ndr), minacciato dalla costruzione della diga del Proyecto Hidroeléctrico Agua Zarca, dell’impresa honduregna Desarrollo Energético Sociedad Anónima (DESA). Da anni il popolo Lenca denunciava la violazione del diritto all’acqua come fonte di vita e di cultura e le vessazioni e le minacce di imprese, paramilitari e governo.
Dal progetto la multinazionale cinese SINOHYDRO, inizialmente partner di DESA, s’è ritirata nel 2013 dopo una manifestazione del popolo Lenca, durante la quale l’attivista Tomas Garcia fu ucciso. Nel mese di agosto 2013 SINOHYDRO ha deciso di terminare il contratto.
Berta Càceres sapeva benissimo i rischi che correva, tanto che aveva trasferito le quattro figlie in Argentina per ragioni di sicurezza. Eppure aveva deciso di non chinare la testa, di fare la propria parte e lo aveva espresso così: “Dobbiamo intraprendere la lotta in tutte le parti del mondo, ovunque siamo, perché non abbiamo un pianeta di ricambio. Abbiamo solo questo e dobbiamo agire”.
Cáceres, è stata rappresentante per oltre vent’anni del Consiglio Civico delle Organizzazioni Popolari e Indigene dell’Honduras (Copinh).
Il Copinh è stata fondato a La Esperanza nel 1993 e raccoglie 200 comunità Lenca. Ha fermato speculazioni minerarie, contribuito alla nascita di aree forestali protette, vigilato sulle violazioni dei diritti umani e promosso processi di autonomia, istituendo scuole, radio comunitarie, centri medici, antiviolenza e di formazione professionale.
Un movimento spesso minacciato dagli squadroni della morte al soldo delle imprese.
Sono stati 111 i militanti ambientalisti assassinati in Honduras tra il 2002 e il 2014, secondo la relazione pubblicata nel 2014 dalla ong inglese Global Witness. Molti omicidi sono avvenuti soprattutto dopo il colpo di Stato del 2009, seguito dall’impennata dei mega-progetti idroelettrici e minerari approvati.
Berta Càceres era diventata un punto di riferimento internazionale per i movimenti sociali, per la difesa dei beni comuni, inoltre aveva denunciato i pericoli dei trattati di libero commercio. Era molto stimata dai movimenti anche in Italia e in Europa. Movimenti che ora chiedono giustizia per Berta e dicono no all’impunità. Tra questi il C.I.C.A, collettivo che opera sia in Italia che in alcuni Paesi del Centro America campaign@stopcorporateimpunity.org
La Commissione Interamericana dei Diritti Umani (Cidh) aveva stabilito per Berta Càceres l’adozione di misure cautelari. Doveva quindi avere protezioni speciali da parte del governo honduregno. Ma così non è stato.
Le ong dei diritti umani e ambientaliste lo considerano un delitto annunciato: “Càceres aveva ricevuto numerose minacce di morte per la sua militanza ambientalista e le autorità le avevano promesso una scorta della polizia, che però a quanto pare non è mai arrivata”, spiegano.
Ai funerali, nelle strette vie di La Esperanza, hanno partecipato migliaia di persone. Rabbia, dolore, commozione , ma anche la determinazione di continuare la sua lotta, hanno attraversato la manifestazione che ha accompagnato la bara bianca di Berta Càceres.
“Berta vive, la sua lotta continua”.
[Il testo è stato rettificato in data 21 marzo 2016]