“Un assalto alla diligenza”. Così Giuseppe Mazzei, professione lobbysta, definisce l’iter di approvazione ddl concorrenza, il testo di 878 pagine che dovrebbe regolamentare il mercato in Italia. Il disegno di legge, approdato in aprile 2015 in Parlamento, è ancora in attesa di essere approvato. “Mancano le ultime modifiche”, si dice ormai da settimane. Intanto il testo cambia continuamente, bersagliato dagli emendamenti: 1270 presentati fino ad oggi (15 accolti, 31 ritirati, 152 respinti, 9 assorbiti, 50 inammissibili), dalla funzione degli amministratori di condominio, fino all’esenzione Imu per gli istituti ecclesiastici. E il testo va approvato ogni anno: lo stillicidio, quindi, rischia di essere utile solo per 7 mesi. Paradossale.
Nonostante il continuo intervento dei parlamentari, il giudizio della Commissione europea espresso nel Rapporto sull’Italia è molto negativo, visto che ancora tutela eccessivamente categorie come notai, avvocati e dentisti. Le parole che ricorrono più spesso sono “assicurazione”, “impresa”, “sviluppo”. Al contrario, gli emendamenti puntano su “imprese”, “servizi”, “euro”.
“Quello sulla concorrenza è uno dei ddl in cui i gruppi di interesse si scatenano”, spiega Mazzei. Ex giornalista, oggi rappresenta Il Chiostro, un’associazione di lobby che vogliono uscire alla luce del sole. “Il problema di questo Paese non possiamo attribuire delle decisioni prese in Commissione parlamentare a dei gruppi di interesse. Non ci sono regole, tutto il lavoro si fa nell’ombra”, aggiunge. “Non è possibile che qualche parlamentare si svegli d’improvviso e proponga modifiche in materie delle quali non era nemmeno competente – ragiona – senza che nemmeno si conosca la paternità della modifica”.
La proposta di Mazzei è quella di rendere accessibili al pubblico accreditato le discussioni alle Commissioni parlamentari e di allegare ad ogni singolo atto un documento che dimostri la paternità della proposta. La tracciabilità degli incontri è limitata solo all’ambito ufficiale. Gli incontri “informali” sono off limit, anche quando si parla di leggi. “Ci dovrebbe essere un codice etico sia per i lobbisti che per i decisori pubblici”, continua Mazzei.
Ma come si muove un lobbista? Sceglie un parlamentare di riferimento e comincia a suggerire modifiche che tutelino la categoria che rappresenta. Di solito chi viene scelto ha un forte radicamento territoriale e un suo elettorato forte. “Alcuni parlamentari si sentono loro stessi difensori di una categoria. A parole sostengono di rappresentare interessi nazionali, quando invece sono solo portatori di interessi particolari”, sostiene Mauro Antonelli, dell’Unione Nazionale Consumatori. Il fronte delle lobby mostra tutte le debolezze dei palazzi della politica: i politici sono impreparati e mancano le regole per difendersi. “Così, ad esempio, si intente la liberalizzazione solo come una semplice privatizzazione di ogni settore. Non si capisce che invece aumentare la concorrenza significa aumentare il numero di imprese”. Secondo Unc, l’immobilismo dell’Italia nel ddl Concorrenza è il simbolo di un Paese che non riesce a togliersi di dosso le incrostrazioni di interessi privatistici che tengono in ostaggio la crescita.
I due argomenti a cui i politici a cui sono più sensibili sono finanziamenti e bacino elettorale (“i gruppi di interesse giocano sulla paura di perdere consenso”, afferma Antonelli, dell’Unc). Il primo, come ricorda Mazzei, “è ancora più importante con l’abolizione dei finanziamenti pubblici ai partiti”. Così a contare non sono solo le lobby “potenti”, facilmente riconoscibili, ma anche quelle “nascoste”, come i termotecnici, i meccanici, gli avvocati, i notai.
Come uscirne? Le authority esistenti non bastano: “Non hanno alcun potere per la tutela del consumatore”, ripete Antonelli. Allora, l’ipotesi de Il Chiostro di cui si vocifera da anni, ma che mai è stata seriamente presa in discussione, è quella di inserire un registro delle lobby accreditate. “Una delle più grosse stupidità che si dice è pensare che le lobby vogliano lavorare nell’ombra – commenta Mazzei -. Io ho tutto l’interesse di sapere come si muovono i miei avversari. Io sarei per far allegare ad ogni atto parlamentare i documenti da cui si trae ispirazione, compresi i position paper di gruppi di interesse”.
Alcuni degli ultimi emendamenti senza padre non sono solo inutili, ma pericolosi. Lo ha detto il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti: il controllo previsto dal ddl Concorrenza per le società a responsabilità limitata semplificate “azzera le maglie dei sistemi di controllo e apre un varco formidabile per l’ingresso delle organizzazioni mafiose negli appalti”. Un regalo alle mafie, dice il numero uno della Dna. La campagna di Libera Riparte il futuro ha messo sotto tiro l’attività di lobbying al Parlamento, per provare a capire dove dietro una pressione indebita si nasconde la corruzione.