La definizione “sud globale” è sempre più utilizzata nel linguaggio comune, ma il suo significato e le sue implicazioni restano poco chiari. In senso lato, con sud globale ci si riferisce a tutte le regioni del mondo che sono state storicamente relegate ai margini dei sistemi economici globali, dunque l’America Latina, l’Africa e gran parte dell’Asia. Moltissimi stati condividono una storia di colonialismo, sottosviluppo economico e, in molti casi, di instabilità politica. Il concetto di sud globale non è dunque solo geografico, ma anche e soprattutto socio-economico e spesso comprende questioni di disuguaglianze, dinamiche di potere e governance. L’espressione, insieme a quella simmetrica di nord globale, si è affermata nella seconda metà del ventesimo secolo. Il limite di entrambe le definizioni, nord e sud globale, è che a primo impatto suggeriscono una distinzione geografica, mentre fanno riferimento soprattutto alle esperienze storiche delle regioni che vi rientrano. Le radici comuni dei paesi del sud globale sono dunque da cercare nella storia del colonialismo, che ha fortemente segnato gran parte del mondo. Le economie dei territori colonizzati venivano infatti organizzate allo scopo di favorire lo sviluppo degli stati colonizzatori piuttosto che delle popolazioni locali. Perciò, dopo aver ottenuto l’indipendenza, molte di queste nazioni si sono ritrovate economicamente svantaggiate, con infrastrutture deboli, capacità industriali limitate e alti livelli di povertà.
Nel sud globale rientrano paesi tra loro inevitabilmente eterogenei, che tuttavia condividono alcune caratteristiche che li differenziano da quelli del nord. Ad esempio, l’elevata disparità economica, gli alti tassi di povertà, l’instabilità economica e la dipendenza dalle esportazioni di materie prime e prodotti agricoli. Mentre nel nord globale le economie sono spesso diversificate, quelle del sud sono più vulnerabili alle fluttuazioni del mercato internazionale, agli shock dei prezzi delle materie prime e alle crisi del debito estero. Altro tratto comune sono le disuguaglianze sociali pronunciate: le disparità di reddito, di istruzione e di assistenza sanitaria, e di accesso alle risorse. Importanti sono anche i problemi di governance, con istituzioni deboli, alti livelli di corruzione e, talvolta, regimi autoritari.
La globalizzazione ha avuto un impatto profondo sul sud globale.Da un lato, ha offerto opportunità di crescita e sviluppo grazie all’accesso ai mercati internazionali, agli investimenti esteri e alla tecnologia. Molti stati asiatici, ad esempio, grazie alla globalizzazione hanno vissuto una rapida industrializzazione e crescita economica. D’altro canto, la globalizzazione ha anche approfondito la disuguaglianza tra i paesi e al loro interno. Sebbene rimanga utile per evidenziare le disuguaglianze a livello planetario, il concetto di sud globale non è immune alle critiche. Alcuni sostengono che appiattisca e semplifichi eccessivamente le esperienze diverse dei paesi che vi rientrano: ad esempio, Cina e India sono importanti attori economici globali, mentre altri stati rimangono poverissimi. Inoltre, all’interno dei paesi del sud globale esistono significative differenze regionali, etniche e di classe che il termine non cattura.
In sintesi, il concetto di sud globale è uno strumento utile per comprendere le disuguaglianze tra e nei paesi del mondo ed evidenziare l’eredità del colonialismo, ma non è privo di limiti, perché riunisce sotto un’unica etichetta una gamma diversificata di stati con esperienze differenti. Se però la si usa in modo consapevole, rimane un’espressione efficace per evidenziare le sfide persistenti della povertà, della disuguaglianza e della marginalizzazione politica in un mondo in cui la distribuzione del potere e delle risorse rimane profondamente diseguale.