Approfondimenti

Il sound ritrovato dell’Intifada

the Intifada 1987

Pochi giorni dopo l’inizio della prima Intifada, nel dicembre del 1987, un palestinese trentenne, Riad Awwad, ingegnere di formazione, specializzato in apparecchiature musicali, riunisce la famiglia nel salotto di casa e chiede di aiutarlo a registrare una canzone sulla rivolta. Il brano, intitolato appunto Intifada, viene inciso con tastiere e batteria elettronica e con le voci di due sorelle di Riad, Nariman e Alia. Riad realizza altri brani, con titoli eloquenti: “Io sono di Gerusalemme”, “La mia terra il mio popolo”, “Palestinese”, “Patria”, “Rivolta”, “Quarant’anni” – gli anni che erano passati allora dalla espulsione dei palestinesi dalla loro terra. Nelle canzoni ci sono anche riferimenti ai sassi e alle molotov. Per i testi contribuisce un’altra sorella di Riad, Hanan, che oggi, settantenne, è una nota attivista e poetessa, e le parole per una canzone le scrive Mahmoud Darwish, il poeta che è stato un simbolo della resistenza palestinese. Con questo materiale Riad confeziona il contenuto di una cassetta, ne stampa tremila copie, e comincia a distribuirle a Gerusalemme e in Cisgiordania. Ma la maggior parte delle cassette viene subito sequestrata dall’esercito israeliano, e Riad viene arrestato, interrogato e torturato, e detenuto per mesi. Dopo il suo rilascio, Riad Awwad forma un gruppo, Palestinian Union, pubblica un secondo album, e in Cisgiordania dà vita a una scuola in cui insegna a ragazzi palestinesi come costruirsi da soli delle apparecchiature elettroniche per fare musica. Riad Awwad è poi rimasto ucciso nel 2005 in un incidente automobilistico.

Questa storia è adesso riemersa perché nel 2020, durante il lockdown, Mo’min Swaitat, attore e regista palestinese che vive a Londra, si era trovato nella sua città natale, Jenin, in Cisgiordania, e, collezionista di dischi, aveva contattato il proprietario di un negozio di musica che ricordava dalla sua infanzia, che gli aveva permesso di andare a frugare nella sua vecchia bottega: dove Swaitat aveva trovato una quantità di vecchie cassette di musica palestinese – musica beduina, musica per matrimoni, disco music, canzoni rivoluzionarie… Swaitat ne portò a Londra circa 10mila, e cominciò ad ascoltarle. Fra queste c’era anche una cassetta con una semplice etichetta con scritto a mano Intifada, e Swaitat rimase colpito dal contenuto, senza sapere di chi fosse. Ma poi una volta la cassetta aveva continuato a girare dopo la fine dell’ultima canzone, e Swaitat si era accorto che in fondo, dopo alcuni minuti, Riad Awwad diceva il proprio nome e ringraziava la sua famiglia e Mahmoud Darwish: aveva quindi potuto identificare l’autore della musica e ricostruire la storia della cassetta.

In dicembre, col titolo The Intifada 1987, la musica della cassetta è stata rimessa in circolazione in digitale: si tratta di una delle prime uscite curate da Swaitat nell’ambito di un progetto per il quale ha trovato un finanziamento, il Majazz Project, destinato al recupero e alla valorizzazione del patrimonio di registrazioni di musica palestinese. In edizione limitata, l’album The Intifada è in corso di pubblicazione anche in vinile: le copie possono già essere ordinate online e saranno diffuse a partire da aprile.

  • Autore articolo
    Marcello Lorrai
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    «Dal decennio populista al nazionalcapitalismo». Lo scienziato politico Mattia Diletti, dell’università La Sapienza di Roma, ne ha parlato a Pubblica. Negli anni ‘10 in occidente maturano movimenti e leader politici che si fanno portatori dell’insoddisfazione delle classi medie e di quelle più povere della società. Sono le conseguenze della crisi del 2007-2008, e dell’impoverimento crescente. In Europa è il lascito delle politiche di austerità. I leader populisti promettono cambiamenti radicali in nome del popolo, l’affossamento delle elite. Si dicono anti-sistema. Negli anni ‘20 prende corpo l’ideologia nazionalcapitalista (organizzazione capitalista, nazione, interesse nazionale, promessa di restituzione di benefici materiali e immateriali andati perduti). Finirà per alimentare il consenso verso gli esponenti attuali del sovranismo di destra più estremo.

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