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Il ruolo di Luca Morisi nell’ascesa e nel declino di Salvini

Salvini Morisi ANSA

La svolta nella carriera politica di Matteo Salvini avviene nel 2014. Quell’anno Salvini, fresco di nomina alla segreteria della Lega, si libera di tutte le forme tradizionali della comunicazione, compresa la amata Radio Padania e si affida completamente a uno sconosciuto compagno di partito, che è stato dirigente della Lega a Mantova, che si definisce “filosofo del Web” e che tiene un corso di comunicazione digitale all’università di Verona. E’ Luca Morisi. Salvini cambia, si trasforma. Archivia ogni riferimento anche estetico alla Lega di Bossi, alla Padania, al Nord. Abbandona la felpa con scritto Padania is not Italy, fa dimenticare i video in cui, boccale di birra in mano, cantava canzoni contro i napoletani. Si veste di blu, sposa il tricolore, e introduce in Italia il linguaggio della destra radicale europea e soprattutto statunitense. Quella che poi verrà definita “sovranista”. Quella che porterà Donald Trump alla Casa Bianca. Il fautore della trasformazione è Morisi.

Che Morisi possa essere considerato un filosofo, come si autodefinisce, è complicato. Senza dubbio, in un paese piuttosto arretrato in termini di tecnologia e come usarla, la sua competenza digitale è stata sufficiente per elevarlo a rango di guru, di mago della comunicazione. Morisi, nei fatti, ha importato in Italia il modello della alt-right statunitense: linguaggio populista, fake news, uso dei canali digitali per veicolare un messaggio arrogante, aggressivo, pochi e semplici frame in cui si individua il nemico da colpire e poi lo si distrugge senza pietà attraverso i social. Una volta è l’immigrato, una volta è il giornalista ostile, un’altra l’avversario politico. Spesso anche il semplice cittadino che osa criticare il “Capitano” viene dato in pasto alla rabbia social dei sostenitori leghisti che nel frattempo sono cresciuti. Salvini grazie a Morisi ottiene milioni di follower, uno dei politici più seguiti a livello internazionale. Nasce il mito della Bestia, animale feroce e violento che può triturare chiunque. La Bestia fa paura, criticare Salvini è difficile. Soprattutto quando diventa ministro dell’Interno e la Bestia, staff di cui a un certo punto entra a far parte perfino il figlio del presidente della Rai, Foa, per dire il potere acquisito, se la porta direttamente al Viminale. Il declino inizia con la caduta politica, la delirante estate del Papeete in cui qualcosa va storto, forse l’eccesso di arroganza.

Ma La Bestia può solo continuare a macinare odio e bullismo, non è in grado di cambiare registro. Uno scollamento dalla realtà politica che si è fatto via via più evidente, fino alle tensioni cresciute molto negli ultimi mesi dentro la Lega. Morisi era sempre più isolato, i colonnelli, da Giorgetti ai presidenti del nord, non lo amavano. Poi le dimissioni per i motivi che conosciamo.

Foto | Ansa

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    Luigi Ambrosio
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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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