Lo stretto rapporto tra Giorgia Meloni e Elon Musk è ormai diventato un problema di natura istituzionale e un fattore di preoccupazione per le scelte di politica estera e di sicurezza dell’Italia. È un problema, prima tra tutti, per Sergio Mattarella. Nel suo discorso di ieri di fronte alla stessa Meloni, il Capo dello Stato ha lanciato l’allarme sulla democrazia minacciata dai tecno-capitalisti.
Il pensiero di tutti è andato all’uomo più ricco del mondo, capace con i suoi soldi e la sua influenza, fattori duplicati dall’alleanza con Donald Trump, di condizionare gli equilibri globali e le politiche interne degli stati sovrani. È un problema per personalità come Romano Prodi e Mario Monti. Il senatore a vita ha invitato espressamente la Presidente del Consiglio a non permettere che Elon Musk faccia dell’Italia un suo protettorato. Un’uscita esplicita, e per questo un poco inusuale, dell’ex commissario Ue, sintomo della preoccupazione che gira in certi ambienti dell’establishment europeo.
Parole che hanno riecheggiato quelle espresse qualche giorno fa da Prodi, che tanto hanno fatto infuriare Meloni. Lei però ha capito che il fianco è scoperto e che quindi deve iniziare a difendersi. “Non prendo ordini da nessuno”, ha risposto a Monti. “Non consentirò alcuna ingerenza”, ha risposto al Pd. Elon Musk ha degli interessi economici in Italia, che riguardano settori legati alla sicurezza del nostro paese. Da imprenditore, si muove come uno stato sovrano; da politico, come l’architetto dell’alleanza tra l’anarco capitalismo e la destra internazionale. Parla con Putin e con altri autocrati. Il suo attivismo è tanto forte che, per paradosso, non avrà concesso il pass per l’accesso al livello più alto dei dossier top secret dell’amministrazione USA, di cui farà parte. Ma per Giorgia Meloni, tutto questo non è un problema.