Non c’è stata una folla straripante stretta attorno al suo leader in pericolo. Complice anche la pioggia del giorno prima, che ha trasformato il prato di Pontida in una fanghiglia, qualche spazio vuoto qua e là si vedeva eccome.
Salvini chiude il suo comizio, una ventina di minuti scarsi, mandando baci a destra e a manca, e sancendo la “santa alleanza” che a suo avviso è nata oggi su quel palco. Dove, uno dietro l’altro, hanno sfilato i peggiori leader della peggior destra europea. Dai portoghesi di Chega agli austriaci della Fpö, passando per la spagnola Vox, i cechi di Ano, gli olandesi del partito della Libertà e, solo in videomessaggio, i francesi del Rassemblement National. Ospite d’onore, applauditissimo, l’ungherese Orban.
A fare da filo conduttore, la solidarietà a Salvini e gli strali lanciati contro l’Europa, che secondo Orban andrebbe addirittura occupata. Prima degli ospiti stranieri, il solito copione: parlamentari, presidenti di regione, ministri, che nei loro discorsi hanno tenuto un doppio binario: l’autonomia diventata legge e la vicinanza al segretario. Giorgetti ha dovuto giustificare la sua uscita di qualche giorno prima sulla manovra fatta di “sacrifici per tutti”, Calderoli, oltre a incensare l’autonomia, ha lanciato frecciate agli alleati dubbiosi. Così come Salvini, che non ha risparmiato strali contro chi non vuole che a pagare siano i più ricchi, leggasi Forza Italia. Ma è a Vannacci che il popolo di Pontida ha riservato forse l’accoglienza più calorosa. Acclamato nel suo giro tra gli stand, ancor di più durante il suo intervento dal palco, quando ha parlato di cittadinanza, che non si regala, e di tradizione, che non si svende. Perché oggi, chi era lì, quello voleva. Parole chiare, e di destra. Molto di destra.